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il processo / Cassino

Violenza sessuale sulle figliolette, condannato pastore evangelico

Il Gup del tribunale di Cassino ha inflitto sei anni di reclusione all'uomo che ha scelto di essere giudicato con rito abbreviato

Sei anni di carcere con l'accusa di aver abusato per dieci anni di due delle sue tre figlie. La condanna a carico di un 50enne, pastore evangelico, è stata emessa dal Gup del tribunale di Cassino a seguito di un udienza con rito abbreviato. Il pubblico ministero, il sostituto procuratore Marina Marra, aveva chiesto una condanna ad otto anni di reclusione.

Le indagini sono scattate da parte degli investigatori del commissariato di Polizia di Cassino dopo che una delle figlie, raggiunta la maggiore età, ha deciso di sporgere denuncia. Una storia agghiacciante che lo scorso anno si è conclusa con l'arresto e l'estradizione dell'uomo che per sfuggire alla giustizia italiana, da Ponza (Latina), si era trasferito in Scozia, a pochi chilometri da Edimburgo. 

L'uomo, arrestato dalla polizia scozzese, in collaborazione con lo Scip (il Servizio per la cooperazione internazionale di polizia), dopo l'estradizione è stato rinchiuso nel carcere di Rebibbia ed è difeso dall'avvocato Antonio D'Alessandro. La Procura di Cassino gli ha contestato i reati di violenza sessuale aggravata (dal vincolo genitoriale) e maltrattamenti in famiglia al termine di indagini svolte dal commissariato locale, diretto da Giovanna Salerno.

Proprio le indicazioni fornite dalla polizia di Cassino, che ha monitorato continuamente gli spostamenti dell'uomo, sono state decisive per la sua esatta localizzazione in Scozia. Gli accertamenti sono partiti nel 2020, dopo che la figlia più piccola, ma ormai maggiorenne, ha trovato il coraggio di denunciare.

Dall'ordinanza del gip, Vittoria Sodani, emerge il dramma e l'orrore vissuto dalle ragazzine. Abusi iniziati quando la famiglia viveva nel Lazio e che avvenivano con "cadenza quasi giornaliera" in un arco temporale che va dal 2009 al 2019. Un clima familiare di omertà - Le piccole, fin dalla tenerissima età, erano diventate oggetto delle perversioni dell'uomo, una sorta di orco. Abusi e maltrattamenti di cui erano a conoscenza anche i parenti, a cominciare dalla moglie.

La donna, però, non ha avuto la forza di denunciare - nonostante la figlia avesse tentato di coinvolgere sia lei che le sorelle a ribellarsi - perché del "tutto succube del marito". In un colloquio carpito e citato dal gip, afferma: "Pensavo fosse una cosa limitata, mettetevi nei miei panni: voglio bene a mia figlia, però voglio pure non rovinare mio marito e il matrimonio".

"Emerge dagli atti - scrive il gip - la piena inconsapevolezza da parte dell'indagato della gravità delle condotte poste in essere, fra l'altro per un periodo di tempo così rilevante, e il fondato attuale e concreto pericolo che il medesimo possa reiterare le condotte già poste in essere, anche nei confronti del figlio più piccolo, un maschietto". Le modalità "esecutive e le circostanze dei fatti-reato sono indicativi di una negativa personalità dell'indagato, del tutto privo di autocontrollo e freni inibitori in ordine ai suoi impulsi sessuali e aggressivi".

Nell'esposto la figlia - che alla fine ha trovato il coraggio di ribellarsi, con il supporto di un altro pastore e di una psicologa - afferma che il padre "fin da quando aveva 5/6 anni obbligava lei e le sorelle a fare il riposino pomeridiano con lui, durante il quale, in assenza della madre", le abusava. Secondo il racconto della ragazza nella casa il padre aveva posizionato almeno due telecamere nel bagno, mentre altre erano disseminate per la casa. L'uomo era anche solito insultare le figlie, fin da bambine, e in più di una circostanza le avrebbe picchiate con calci e pugni. 

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