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Il giornalista economico Gianmaria De Francesco al Rotary Club Frosinone: gli scenari post decreto salva-banche

La vicenda riguardante Banca Etruria e le altre banche oggi finite nell’occhio del ciclone non cessa di essere al centro del dibattito economico e politico del Paese che guarda, non senza preoccupazione, ai cambiamenti in atto nel settore bancario...

La vicenda riguardante Banca Etruria e le altre banche oggi finite nell’occhio del ciclone non cessa di essere al centro del dibattito economico e politico del Paese che guarda, non senza preoccupazione, ai cambiamenti in atto nel settore bancario, non solo nazionale.

Un tema così importante è stato oggetto di discussione nel corso dell’ultima conviviale del Rotary Club Frosinone che, per approfondire al meglio un argomento così complesso e delicato, ha ospitato il giornalista economico Gian Maria De Francesco. Barese, laureato in filosofia con una specializzazione in giornalismo conseguita alla Luiss, De Francesco da oltre 15 anni si occupa di economia e finanza, prima per MF - Dow Jones e, successivamente, per il quotidiano Finanza & Mercati. Da dieci anni lavora a Il Giornale, vicecaposervizio della redazione Economia; ha inoltre collaborato con periodici di settore come La Gazzetta dell'Economia, BancaFinanza e II Giornale delle Assicurazioni.

Dopo la breve introduzione del presidente Valter Tersigni, De Francesco ha preso la parola. “Cosa cambia dopo il decreto cosiddetto salva-banche? Esiste una direttiva europea sulla risoluzione delle crisi bancarie, recepita a metà novembre, diventata legge in Italia che, sostanzialmente, afferma che quando una banca viene ritenuta in crisi, dopo la messa in atto di alcune fasi rimaste uguali nel tempo, sono azionisti, obbligazionisti e correntisti a pagare.

Nel caso in cui una banca venga posta in risoluzione, la crisi è già conclamata; qualora l’autorità bancaria ritenga che non vada liquidata e che si possa salvare, entra in gioco il ‘bail in’. La banca si può salvare con una iniezione di capitale del fondo di risoluzione delle crisi; insieme a quest’ultimo, partecipano anche gli azionisti, gli obbligazionisti subordinati e se ciò non dovesse bastare, vengono coinvolti gli obbligazionisti ordinari e infine i correntisti con più di 100 mila euro sul proprio conto corrente. Non vengono toccati né il conto titoli né le cassette di sicurezza.

L’anno scorso è stata approvata la riforma delle banche popolari con le dieci più grandi che si trasformeranno in società per azioni, sta per essere varata una autoriforma del credito cooperativo. Tutto nell’ottica di far sì che le banche più anomale, con un rapporto più ‘fiduciario’ col cliente, mostrino un approccio di mercato nella gestione della banca. Insomma, le banche d’ora in poi avranno sempre più difficoltà a fare credito. Parlerei della bad bank che è l’unica soluzione in grado di sbloccare questo circolo vizioso nel quale l’Italia si è infilata. Se ne discute da più di un anno: prima lo facevano solo gli addetti ai lavori, ora ne discute il governo con Bruxelles”. E ancora “L’Italia è un po’ impantanata. La responsabilità è sia della politica che degli attori stessi del settore bancario. Fino a quando le cose andavano relativamente bene, le banche non si sono date da fare e sono andate in crisi con un’economia già sofferente. Se fossimo riusciti a fare i nostri interessi in Europa sarebbe stata cosa buona e giusta; purtroppo o per fortuna siamo italiani”.

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