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Martedì, 16 Aprile 2024
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Puglia, il dolore straziato del capostazione: "L’ho alzata la paletta, ho dato io il via". La descrizione prima dell'impatto

«L’ho alzata la paletta, certo che l’ho alzata. Ho dato io il via. Ma non è solo colpa mia. Adesso tutti mi buttano la croce addosso, ma la vera vittima sono io». Vito Piccarreta, il capostazione di Andria, ora indagato, non ci sta a...







«L’ho alzata la paletta, certo che l’ho alzata. Ho dato io il via. Ma non è solo colpa mia. Adesso tutti mi buttano la croce addosso, ma la vera vittima sono io». Vito Piccarreta, il capostazione di Andria, ora indagato, non ci sta a fare da capro espiatorio di una strage. «È sconvolto. Distrutto. Non mangia. Non dorme. Continua a pensare a quell’istante che ha cambiato per sempre la sua vita. Schiacciato dal peso di tutta quella gente morta in un modo orribile. Lui ha sempre fatto il suo lavoro con coscienza. Lasciatelo stare. Non state a speculare sulle disgrazie», dice un’amica di famiglia. Il via libera al treno che, come dice il procuratore facente funzioni di Trani, Francesco Giannella, «comunque sia andata, su quel binario non doveva esserci», Piccarreta lo ha dato.





«Ma rispettate il nostro dolore. Siamo distrutti», diceva ieri la moglie a chi si presentava alla sua porta, nel residence in una zona periferica di Corato, vicino allo stadio. Piccarreta, descritto da un amico che condivide con lui la passione della pallacanestro, come «persona garbata e perbene, padre di famiglia e marito affettuoso, non un pazzo, ma un serio lavoratore» e orgoglioso del suo ruolo al punto di apparire sul profilo Facebook con la paletta in mano, è adesso sotto accusa per disastro colposo e omicidio colposo plurimo. «Ma non è stato ancora interrogato», assicura il procuratore Giannella, smentendo le indiscrezioni di un suo interrogatorio informale del giorno dell’incidente, andato avanti fino a notte fonda. Intanto, cautelativamente, è stato sospeso dal servizio. In attesa di capire quale è stato il cortocircuito delle informazioni.





Una misura che ha colpito anche Alessio Porcelli, il capostazione di Corato, da dove è partito l’altro treno dell’incidente. Anche lui è indagato per quel tragico equivoco nelle comunicazioni. Spiega il figlio, ventisettenne, informatore farmaceutico, al telefono: «Papà è molto addolorato. Non solo per le persone che viaggiavano sul treno. Ma anche per una cosa che molti sottovalutano: in quell’incidente ha perso dei colleghi. I macchinisti a bordo di quei treni.





La tragedia ha turbato per semprel’equilibrio di queste parti. Sarebbe accaduto ovunque. Ma qui ancor di più». Il padre, «che fa questo lavoro da prima che nascessi, ma si mantiene molto bene», dice, non infierisce su altri colleghi. «Un errore tecnico o meccanico possono essere sempre in agguato», spiega il figlio. Un agguato, stavolta, mortale.





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