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Roma, Gramsci e gli intellettuali organici. Il primo incontro del corso di storia politica di Formazione Dem

di Luigi Gentili Il 26 ottobre si è tenuta a Roma, presso la sede del PD Lazio, la prima lezione del corso di "Storia del pensiero politico: le radici culturali del PD. Il divenire della Costituzione".

di Luigi Gentili

Il 26 ottobre si è tenuta a Roma, presso la sede del PD Lazio, la prima lezione del corso di "Storia del pensiero politico: le radici culturali del PD. Il divenire della Costituzione". Il corso è stato organizzato da Formazione Democratica insieme a Classe Dem Lazio. Formazione Democratica nasce come Scuola del PD della provincia di Roma il 27 febbraio 2015 , e la sua intensa attività didattica - ha coinvolto finora più di 400 persone provenienti dai vari circoli del PD della città metropolitana -, è stata di ispirazione per molte altre strutture analoghe nate in seguito. Class Dem Lazio, invece, con la partecipazione a questo corso è alla sua seconda esperienza progettuale. Entrambe le Scuole hanno come finalità quella di creare momenti di riflessione e di dibattito, oltre che di apprendimento tecnico, nella convinzione che la formazione sia l'anticamera per rafforzare il partito e la sua unità territoriale.

Il corso di Storia del pensiero politico nasce dall'esigenza di ripercorrere teoricamente le radici del pensiero progressista che hanno ispirato la formazione del Partito Democratico. Questo in un momento cruciale della vita del partito, alle prese con un Referendum Costituzionale essenziale per l'innovazione delle nostre istituzioni. Il Corso è tenuto da storici di alto livello: Giuseppe Vacca, Presidente della Fondazione Antonio Gramsci, la senatrice Emma Fattorini dell'Università La Sapienza, Andrea Ricciardi della Fondazione Rossi-Salvemini e Pier Virgilio Dastoli, Presidente del Movimento Europeo Italia. Quattro giornate di formazione dedicate ad altrettanti intellettuali del passato: Antonio Gramsci, Luigi Sturzo, Piero Gobetti e Altiero Spinelli. Ogni lezione è tenuta, rispettivamente, da uno dei quattro docenti citati. La scelta delle figure storiche selezionate non è casuale; essa è legata alle tre correnti di pensiero alla base della tradizione progressista: Gramsci per il filone socialdemocratico, Sturzo per quello cattolico e Gobetti per quello liberale. Completa l'esperienza formativa Spinelli, inserito per relazionare il quadro nazionale con quello europeo.

Si parte da Gramsci che è tra i politici il più conosciuto e il più citato, almeno al livello nominalistico. Le sue idee e i suoi pensieri hanno condizionato la sinistra non solo al livello nazionale ma anche internazionale. La sua opera completa quella di Carlo Marx, rivalutando gli aspetti culturali della politica rispetto a quelli economici. L'opera di Gramsci è un'analisi accurata del sistema ideologico della società capitalistica. I "Quaderni" sono il completamento del "Capitale" di Marx. La sua "filosofia della prassi", ovvero il modo di agire della politica, è per l'ideologia dominante ciò che la critica del "capitale" è per l'economia capitalistica. Per Gramsci è fondamentale la valutazione del senso comune, cioè di quella concezione del mondo assorbita acriticamente e che fa della piccola borghesia il "popolo delle scimmie", come lui lo definisce, vittima facile della deriva autoritaria - oggi diremmo populista -. Ecco allora l'importanza dell'egemonia, cioè della capacità di direzione ideale.

Gramsci ha indubbiamente i suoi pregi e i suoi difetti, come tutti i grandi politici del passato. Tra i suoi limiti figurano, ad esempio, l'immagine graduata del partito, la sua avversione verso le scienze sociali o il peso eccessivo dato all'aspetto volontaristico dell'impegno politico. Ciò è comunque spiegabile per il momento storico in cui Gramsci vive, e la suo desiderio di contrastare l'avvento impetuoso del fascismo. La sua lezione però, nel complesso, è positiva. Ci insegna molto. Gramsci ci ha permesso di capire come una crisi organica, quando nasce, deriva sempre da un deficit di capacità egemonica. E' l'incapacità di legare la politica alla società civile che impedisce il progresso, e gli "intellettuali organici", ossia coloro che hanno il compito di guidare la società verso nuove mete, sono i primi responsabili. E' per questo che l'opera di Gramsci suggerisce che è indispensabile una classe dirigente in grado di sostenere la partecipazione diretta, attraverso l'azione di un "Moderno principe" - come lui chiama il partito -, che sia coeso e consapevole della propria funzione. Il partito, per Gramsci, ha il dovere di guardare avanti, non di rafforzare ciò che era ieri.

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