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Anagni, una grave dimenticanza quella del Beato Andre Conti non inserito nel programma Innocenziano

Lettera aperta al Presidente del Comitato INNOCENZO III. Giovedì 24 Settembre è stata presentato nel Palazzo di Bonifacio VIII, il “complesso” delle iniziative che, dal 28 novembre del 2015 al 26 novembre 2016 celebreranno gli 800 anni dalla morte...

Lettera aperta al Presidente del Comitato INNOCENZO III. Giovedì 24 Settembre è stata presentato nel Palazzo di Bonifacio VIII, il “complesso” delle iniziative che, dal 28 novembre del 2015 al 26 novembre 2016 celebreranno gli 800 anni dalla morte di Innocenzo III. Nel leggere il programma delle iniziative non compare Piglio dove riposano le spoglie del Beato Andrea Conti, custodite nella chiesa di San Lorenzo di Piglio, dove il frate francescano è morto il 1° Febbraio 1302.

Andrea da Anagni, al secolo Andrea Conti, per chi non lo sapesse, nacque ad Anagni tra il 1235 ed il 1240, è stato un religioso italiano, francescano, fortemente imparentato con la nobile famiglia dei Conti di Segni, da cui assunse il cognome “ Conti”. Ben saldi furono i suoi legami di parentela con i Papi:

Innocenzo III (Lotario di Segni 1198-1216), Gregorio IX (Ugolino di Segni 1227-1241), Alessandro IV (Reginaldo di Segni 1254-1261) e Bonifacio VIII (Benedetto Caetani 1294-1303) (Benedetto Caetani 1294-1303), degli ultimi due fu rispettivamente nipote e zio.

Andrea, infatti, nato da Stefano, fratello di papa Alessandro IV, ebbe come zia paterna Emilia che generò Benedetto Caetani divenuto poi Pontefice con il nome Bonifacio VIII. Non solo nella sagrestia della Cattedrale di Anagni viene custodito su una parte un bel quadro del Beato Andrea.

Due sono le feste in onore del Beato Andrea a Piglio:

la festa liturgica del 1° Febbraio alla quale partecipa il Vescovo della Diocesi Anagni-Alatri Mons. Lorenzo Loppa e la festa in onore del Beato Andrea nella penultima domenica di Agosto preceduta da un triduo.

Adriano Faccenda nel presentare il libro sul Beato Andrea, nel convento di San Lorenzo così aveva detto:

Nell’accingermi ad iniziare la presentazione dell’opera del R.P. Angelo Di Giorgio avente per titolo “Il Beato Andrea Conti” voglio, in via preliminare, ringraziare tutti voi qui presenti per la partecipazione a questa conferenza e, soprattutto lo stesso Autore che mi ha onorato nel propormi appunto la presentazione stessa dell’opera. Un particolare ringraziamento, unito al mio più cordiale saluto, vada ai Confratelli e Consorelle delle Fraternità dell’Ordine Francescano qui convenuti in rappresentanza delle Fraternità di Anzio, Cave, Piglio e Valmontone. E’ motivo di gioia per tutta la Famiglia francescana questo nostro ritrovarci insieme per ricordare la vita del Beato Andrea Conti e, soprattutto per rendere grazie a Dio per le numerose opere di bene che, tramite Andrea, riversò sulle popolazioni. Presentare un’opera sul Beato Andrea Conti, proprio per la sua elevatezza spirituale e per la presenza di una vasta bibliografia che nel corso dei secoli ha esplorato campi ed archivi più reconditi, è cosa che mi induce in un certo imbarazzo e soprattutto mi lascia la consapevolezza di non essere, comunque, all’altezza del compito ricevuto. Spero di riuscire nell’intento, confidando sulla vostra fraterna comprensione e, soprattutto, nel benevolo compiacimento dello stesso Beato Andrea…Ho letto con interesse l’opera del P. Angelo e ne ho tratto numerosi spunti di riflessione, oltre a notizie e curiosità che prima ignoravo. Mi ha favorevolmente colpito il genere letterario e soprattutto l’esposizione chiara e concisa dei fatti più importanti della vita del Beato; lontano da impostazioni prettamente scientifiche ed alla ridondanza di note a margine, il volumetto si legge, oserei dire, tutto d’un fiato; ciò anche perché il testo è alleggerito da numerose illustrazioni senza che, peraltro, le stesse abbiano a distrarre il lettore o peggio ancora il filo logico dell’esposizione. Se sotto tutti questi pontefici la figura di S. Francesco di Assisi e, soprattutto la sua straordinaria spiritualità, fu seguita con estremo interesse, tanto da farsene in un certo qual modo essi stessi protettori e garanti confermandone ed approvandone la prima Regola non scritta (Onorio III), elevando all’onore degli altari il nostro Serafico Padre riconoscendone la santità (Gregorio IX) e la giovane Chiara di Assisi (Alessandro IV), possiamo ben immaginare come fin dalla più tenera età il Beato Andrea Conti sia rimasto affascinato dal mondo francescano essendo stato, evidentemente, allevato e cresciuto in famiglia, sotto tale ottica. E’ lecito quindi ritenere che tali profonde motivazioni, lo spinsero verso la vita religiosa e soprattutto ad entrare – una volta terminati gli studi teologici – nel convento francescano del Piglio. La sua scelta di vita fu certo incoraggiata dall’ambiente familiare così fortemente inserito nelle gerarchie ecclesiastiche che vagheggiavano per lui una rapida ed importante carriera, supportata dalla già notevole notorietà che circondava come un alone la sua figura. Si dicevano di lui cose eccezionali, che era fornito di una oratoria notevole e di una spiritualità elevata e pian piano si diffuse la sua particolare capacità di allontanare il demonio e di intercedere per le anime del Purgatorio. Ben felici di aver un così illustre parente, sia il papa Alessandro IV che successivamente Bonifacio VIII, gli offrirono la “porpora cardinalizia” ma ambedue le proposte furono rispettosamente e devotamente rifiutate dal Beato che preferì continuare la sua vita eremitica all’interno di una minuta grotta, creatasi nella spaccatura della roccia di un costone del monte Scalambra; In quel luogo, vero eremo della natura, Andrea Conti trascorse tutta la sua vita nella preghiera, nella penitenza, nel digiuno più assoluti; rimase infatti ivi rinchiuso per oltre 40 anni, fino alla morte che sopraggiunse nel 1302. Nel silenzio assoluto, temprando il corpo e lo spirito a sempre più alti ideali; compose un trattato sulla maternità della Santa Vergine, purtroppo andato perduto; sembra sia stato proprio lui, in virtù della sua parentela, ad ispirare al Papa l'indizione del primo grande Giubileo, nel 1300. Andrea, pregava insistentemente Dio perché liberasse dalle ossessioni diaboliche non solo le singole persone schiave di Satana che gli venivano presentate, ma anche tutto il Paese. Il potere sul demonio, concesso da Dio al beato Andrea in vita, non cessò di essere sperimentato dai devoti anche dopo la sua morte (1302) e testimonianze trasmesseci da testimoni oculari, ci fanno conoscere la fonte dei suoi meriti straordinari di esorcista. Infatti Andrea veniva chiamato il “flagellum demoni” per le sue doti di rigorosissima austerità e di umiltà.. Molti ossessi furono “liberati” sulla tomba del Beato, altri presso la Grotta che divenne l’abitazione ordinaria del frate per oltre 40 anni. La formula deprecatoria che ha risolto gli esorcisti è stata: “per l’umiltà del Beato Andrea ti comando di allontanarti da codesto corpo”. Come pure si è rilevata di grande e particolare efficacia l’invocazione: “Ora pro nobis beate Andrea” unita all’imposizione della reliquia del suo cilicio. “Ancora oggi i fedeli si soffermano a vedere la croce, a sbarre di uguali dimensioni di circa 15 centimetri, contornata da fori di fissaggio di una grata (ora scomparsa) a difesa della croce stessa praticata dal Beato per fugare il demonio. Un’altra croce latina si può vedere su un macigno isolato lungo la Via San Lorenzo nella zona tuttora chiamata “la Cona del Beato Andrea”. Con questo segno di croce in “marmo insculpto” strumento di vittoria del Beato, il frate esorcista eluse tutti gli astuti tentativi dei nemici infernali. La guerra con i demoni fu per Andrea ininterrotta tanto che, ancora oggi, la gente sale l’erta via per raggiungere la chiesa di San Lorenzo e per pregare il frate esorcista.”

Tratto da: Piglio, la comunità francescana festeggia il Beato Andrea Conti. L’ultimo Miracolo e la mostra Agiografica - Redazione ⋅ 30 gennaio 2012 Nelle “Visite ad Limina”, Anagni, nei rispettivi anni. Arch. S. Cong. Concilii. , viene riportata la seguente descrizione riferita alla Chiesa del Piglio e, in particolare alle reliquie del Beato Andrea Conti:

“ …. Il convento del Piglio è sotto il titolo di S. Lorenzo. E' luogo antico tra quelli pigliati dal Serafico Padre, fuori della Terra, lontano quasi un miglio, posto in alto sopra un monte.

La Chiesa sebbene vecchia è convenientemente grande. Vi è il corpo del B. Andrea d'Anagni, nipote del Papa Alessandro IV, del quale si dirà altrove. Il corpo di questo servo di Dio stava posto nella prima cappella, vicino alla porta della chiesa, il cui altare fu consacrato da Mons. Salvati, Vescovo di Anagni il 22 novembre 1455, ai tempi di Callisto III, Sommo Pontefice. Fu poi trasferito questo prezioso tesoro ad istanza del Signor Contestabile D. Filippo Colonna, padrone di questa Terra, e fu collocato in una bella cappella fatta fare, con scalinata e cupola ed altri ornamenti dal detto Signore. Questa cappella è poi a man sinistra dell'altare maggiore ed era l'antico oratorio del Beato, dove diceva la Messa. Si fece questa traslazione nel novembre del 1627, essendo Guardiano F. Loreto da Vico.”

“SCHEDA STORICA del CONVENTO DEL PIGLIO” trascritta e adattata da Agostino Mallucci da B.Theuli - A.Coccia, La Provincia Romana dei Frati Minori Conventuali dall’origine ai nostri giorni, Roma 1967, pp. 364-370.

Poiché il testo, or ora citato, è un’opera preziosa e quasi fondamentale per la documentazione della presenza francescana nella Provincia, da parte soprattutto di giovani studiosi e ricercatori, mi sia consentito un brevissimo accenno biografico sugli autori:

Il P.M°Bonaventura Theuli di Velletri OFMConv., Storico, Filosofo, Teologo e Vescovo († 1670), fu autore dell’opera Apparato Minoritico della Provincia di Roma, diviso in due parti, nel quale si rappresentano le fondazioni, le origini dei conventi, le strutture delle Chiese e memorie che vi si trovano, le qualità prerogative dei Padri insigni ed altre cose onorevoli della Provincia. (Dall’inizio fino al 1648).

Il P.M°Antonio Coccia, alunno della stessa Provincia Romana OFMConv. ha aggiornato l’opera del Theuli documentando la storia dal 1652, epoca della prima soppressione, fino al 1967.

Nel relazione alla Santa Sede del 1826 il Generale scriveva: “Fabbricato di questo convento in attimo stato è circondato da sei rubbia di terreno del suddetto convento, consistente in macchia, orti e prati. Clausura custodita esattamente ... Chiesa nuova e magnifica. Vi si venera il corpo del B. Andrea Conti. La chiesa suddetta come santuario è frequentatissima, ben servita ed assistita nell'amministrazione dei sacramenti... Si occupa un religioso nella predicazione con grande zelo”

In questa breve cronologia delle vicissitudini della Chiesa e del Convento del Piglio, così strettamente connesse con la figura del Beato Andrea Conti, di cui per secoli hanno custodito le venerate reliquie, non possiamo tralasciare le tristi pagine di storia che videro la soppressione degli Enti religiosi e la confisca di tutti i loro beni: Leggiamo ancora:

“… Stretti intorno al loro Beato e nello spirito di S. Francesco come era stato vissuto dal Beato Andrea, i religiosi di S. Lorenzo andarono avanti ancora per molti anni. Ma poi si dovettero separare da tutto ciò che avevano di più caro; separarsi dalle loro abitudini, dalle loro preghiere, dal loro convento; dalla chiesa; separarsi dal loro Beato, perché la legge del 19 giugno1873 aveva colpito tutti i conventi. Anche il loro, ed essi dovevano abbandonarlo, e la chiesa doveva restar chiusa al culto….” Ed ancora: “ Alcuni mesi dopo, il 24 dicembre 1878, veniva dato un ordine all'Intendenza delle Finanze di Roma di passare al Demanio il Convento di S. Lorenzo. Soltanto il 18 giugno 1889, il P. Simplicio Bonafede e P. Benedetto Fratelli riacquistarono il convento dal Demanio. Così, dopo tanti sacrifici e tante ansie, i religiosi tornarono in quel luogo sacro, e caro a tutta la Provincia.…” Cosa ne fu del corpo del Beato durante l'assenza dei Frati? Non era stato dimenticato, e prima di ogni cosa era stato messo in salvo ancora volta nella Collegiata del Piglio. Ed ora, tornati i Religiosi, si accinsero a riportarlo nel suo convento e nella sua chiesa. Lasciamo la parola ad altri: “La rivoluzione si estese fin sopra quel monte, per due volte sperperò la minoritica famiglia e per due volte il corpo del Beato fu costretto ad esulare per trovarsi un decente riposo nell'insigne Collegiata del Piglio ... Dopo la soppressione napoleonica i buoni religiosi rivollero il sacro deposito del loro protettore all'antica dimora. Nella terribile devastazione dell'epoca nostra, universale era il compianto di vedere deserta e cadere in rovina quella vetusta abitazione di Frati Minori. Venne perciò in pensiero ad alcuni privati di ricomprarlo dal Demanio e richiamarvi a custodia gli antichi abitatori Minori Conventuali. ..

Dopo ciò nacque tosto il desiderio non solo ai frati, ma a tutti gli abitanti del Piglio di trasportare il sacro Corpo da dove si fu costretti rimuoverlo. E questa solenne traslazione ebbe luogo la domenica 18 settembre 1892”( 11) Essa fu solennissima.

(11) Osservatore Romano, n. 219, p. 2, col. 4. L'abbiamo trovata in Memoria d, Noviziato ... pp. 141-143. Archiv. del convento di Acquapendente.

Passarono lentamente gli anni ma non tardarono lutti e vicissitudini a colpire il Piglio che già precedentemente era stato più volte ferito da calamità naturali (carestie del 1724, del 1788 e del 1800) o dalla forza degli eventi atmosferici che si abbatterono sulla zona (alluvioni del 1829 e 1830) o fulmini che provocarono danni alla struttura della chiesa o causarono la strage di oltre 102 capi tra pecore e capre del convento (anno 1804) (notizie fedelmente riprese dall’opera “Il Beato Andrea Conti” di P. Angelo Di Giorgio – pag.30

Queste notizie e quelle che seguono immediatamente, vengono riportate per ricostruire le vicende storiche del Convento e Chiesa del Piglio perché esse determinarono, nel tempo, il ripetuto spostamento delle reliquie del Beato Andrea Conti ma, fortunatamente, anche la loro attenta e fedele annotazione documentale.

Né la recente seconda guerra mondiale ebbe a risparmiare il Piglio che, trovandosi a ridosso di Montecassino, fu interessato a ripetuti e massicci bombardamenti; una breve ma minuziosa relazione sui danni riportati dalla Chiesa e dal Convento, la troviamo, ancora una volta, nella “SCHEDA STORICA del CONVENTO DEL PIGLIO” opera già citata.

“… In questo nostro secolo il convento del Piglio ha subito prima il danno del terremoto nel 13 gennaio 1915, per cui si dovettero restaurare i tetti della chiesa e riparare il convento; poi il danno del bombardamento durante l’ultima guerra. Il 12 maggio 1944 due bombe lo colpirono gravemente. L'altare maggiore in marmo con tabernacolo di marmo, ed il coro di dietro in legno, fu completamente distrutto. Tra le macerie il giorno dopo fu possibile estrarre la pisside col Santissimo. Completamente distrutta fu anche la sacrestia e la parte del convento più vicina alla chiesa. Distrutto l'altare del B. Andrea, compresa l'urna internata nel muro sopra l'altare, ed il grande quadro raffigurante il Beato e i suoi miracoli. Il corpo del Beato fu salvato e posto provvisoriamente in una cappella del convento.

Gli altri altari furono danneggiati. Distrutte anche le due belle statue di Francesco e S. Antonio, e i quadri di S. Agnese, S. Chiara, S. Francesco e S. Antonio.

Restaurata la chiesa, (per opera del P. Quirico e del P. Onorio Marrocco) e preparata una nuova urna, il corpo del Beato fu in questa ricomposto e portato, con grande solennità e concorso di popolo, l’ultima domenica di agosto 1954, dalla provvisoria cappella del convento alla sua cappella ricostruita nella chiesa ove da tanti secoli riposava….”

Intanto la fama e la notorietà del Beato Andrea Conti si diffondeva sempre più, diffusa anche all’estero dall’opera e dalla predicazione dei frati francescani.

Egli ebbe da Dio grandi doni: la conoscenza delle cose occulte, la capacità di scacciare il demonio e quella di fare i miracoli:

… il Papa, stupito per la mancata accettazione della porpora cardinalizia, inviò al Beato Andrea un cortigiano con tre pesci; questi ne nascose uno per se stesso e recò i restanti due ad Andrea il quale gli fece chiaramente intendere che aveva “visto” il suo atteggiamento disdicevole e che il pesce rubato era divenuto un serpente. Il cortigiano infedele trovando effettivamente il serpente al posto del pesce rubato, si pentì del suo gesto e pregò il Beato di perdonarlo; Andrea lo perdonò ed il serpente si tramutò nuovamente in pesce

… Per contraccambiare la cortesia del Pontefice, il Beato Andrea gli inviò un canestro di fichi, maturati miracolosamente – era il mese di gennaio – da una pianta spuntata nei pressi della grotta in cui Andrea trascorse oltre 40 anni della sua vita, nella penitenza e nella preghiera.

E sono ancora tanti i miracoli che accompagnano la memoria del Beato Andrea Conti, ricordiamo, tra gli altri, l’orma del suo ginocchio, del piede e della Croce da lui stessa disegnata con il dito, impressi nella roccia e vogliamo, altresì’ ricordare le continue prove da lui sostenute e vinte nei confronti del demonio che non perdeva occasione di tentarlo o di cercare di distrarlo dalla preghiera e dalla contemplazione.

Del particolare privilegio di intercedere per le anime, ne è testimonianza l’episodio che vide appunto:

“…nel 1285 appunto l’anima di Carlo I Re di Sicilia apparire in sogno, tutta circondata dal fuoco, al Beato Andrea nella sua grotta e supplicare suffragi perché stava tra le anime del Purgatorio. Glielo promise e passati pochi giorni, gli comparve di nuovamente l’anima di Carlo piena di giubilo, mentre il Beato alzava la Santa Ostia nella Messa.” (cfr. “Il Beato Andrea Conti” di P. Ernesto Piacentini – pag.65, paragrafo 9

Tanti sono i miracoli riconducibili al Beato Andrea, basti pensare che soltanto nel “Summarium” degli atti del processo canonico per la conferma del culto e quindi riferiti al 1723-1724, ne vengono riportati oltre 33 con l’indicazione dei miracolati, spesso prima posseduti da presenze diaboliche. (E. Piacentini – opera citata – pag.69)

Altri successivi interventi miracolosi hanno trovato attenta e precisa annotazione nelle cronache della Chiesa e del Convento.

La venerazione da parte degli abitanti del Piglio e dei paesi limitrofi non si è assopita nel tempo anzi, soprattutto in questi anni va acquistando una sempre maggiore consistenza con iniziative sempre più coinvolgenti e tendenti soprattutto ad onorare e far ancor più conoscere i meriti e le virtù del Beato Andrea.

Particolarmente sentita e solenne è stata l’omelia tenuta il 1 febbraio dello scorso anno dal Vescovo diocesano Mons.Lorenzo Loppa, nell’ambito delle iniziative e celebrazioni religiose programmate in onore del Beato Andrea Conti, di cui aveva ben delineato la figura, i suoi carismi, i suoi insegnamenti.

Aveva altresì espresso la sua personale simpatia per questa figura di Beato che testimonia un insegnamento da trarre dalla sua vita di asceta sempre disposto ad aiutare tutti, perché “il baricentro della nostra vita non deve essere relegato dentro di noi, ma fuori, aperto a tutti i nostri fratelli” ed ha sottolineato che il Beato ha trascorso la vita come desiderava, rinunciando alla porpora cardinalizia, perché Egli viveva sereno nella sua grotta, nel suo romitorio e, quindi, oltre alla ricerca del silenzio e dell’adorazione ci insegna a “fare la volontà di Dio nei luoghi più comuni della terra”.

La vita e le opere del Beato Andrea Conti erano già state magistralmente delineate dallo stesso Mons. Lorenzo Loppa, che nella Pasqua del 2004 ebbe a scrivere:

“ La profondità della testimonianza ed il peso che l’avventura cristiana di questo frate francescano ha avuto sul cuore della nostra gente, sono di indubitabile rilievo. Avvicinato da “piccoli” e “grandi”, nipote e zio di Papi, il Beato Andrea Conti preferì farsi piccolo vivendo in una solitudine ed in una forma di ascetismo da far invidia agli antichi anacoreti del deserto…”

Una domanda sorge spontanea al Sig. Presidente del Comitato Innocenzo III:

come mai il Beato Andrea Conti, apparentato a quattro papi, non è stato inserito nel “complesso” delle iniziative per gli 800 anni dalla morte di Innocenzo III? Vale ancora oggi quel detto: “Nemo Profeta in Patria”?

Giorgio Alessandro Pacetti

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