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Colleferro, ecco come funzionerà il nuovo compound che tratterà 220 mila tonnellate l’anno di rifiuti

A gennaio 2020 il bando per la costruzione di questo impianto che dovrebbe essere pronto entro il 2022 e che potrebbe essere realizzato da Ama con un investimento di 54 Mln di euro

Dopo tante indiscrezioni e chiacchiere dei mesi scorsi dopo l’annuncio di Zingaretti da ieri finalmente prende forma in maniera più chiara il “famoso” compound che dovrebbe vedere la luce a Colleferro. L'impianto del futuro per ricavare materia dai rifiuti (eliminando o minimizzando il ricorso a discariche e inceneritori) immaginato da Lazio Ambiente, che a metà gennaio chiuderà la discarica che gestisce e ha pensato a questa soluzione tecnologica per superare i due inceneritori che sono ancora presenti a pochi passi da dove sorgerà il loro superamento.

220 mila tonnellate di rifiuti l’anno nel nascituro Compound

A spiegarlo è stato – cosi come riporta l’agenzia Dire - il presidente della società partecipata al 100% dalla Regione Lazio, Daniele FORTINI, in un convegno organizzato dall'ente di via Colombo in occasione della Giornata della Trasparenza ha illustrato il progetto di prefattibilità, che presenta da subito un'importante novità ai numeri circolati nei mesi scorsi. Infatti, non tratterà 500mila tonnellate l'anno di rifiuti, ma poco meno della metà: 220mila. Sempre prodotte da Roma e dai comuni dell'area metropolitana. Una quantità non casuale, perché è la stessa autorizzata per le due linee di termovalorizzazione di Colleferro.

Ecco il tipo di rifiuto che verrà trattato

Qui arriverà "il sottovaglio di prima tritovagliatura dei rifiuti urbani - ha spiegato FORTINI davanti all'assessore regionale ai Rifiuti, Massimiliano Valeriani, al direttore dell'Arpa Lazio, Marco Lupo, e al comandante del gruppo Roma dei carabinieri Forestali, Giuseppe Lopez- cioè l'80% di quelli che entrano in un tmb e che sarebbero destinati a discariche e inceneritori". Il restante 15% (il resto sarebbero metalli e perdita di processo), perlopiù plastiche e cartone costituenti il cosiddetto sopravaglio, potrebbe costituire combustibile solido secondario da destinare come prodotto a cementifici e centrali elettriche in sostituzione dei combustibili fossili.

La trasformazione in biometano

Tornando però all'80%, da queste quantità "si possono subito estrarre, all'inizio della lavorazione, matrici omogenee (plastiche, carta etc.), biogas da trasformare in biometano per autotrazione dal trattamento anaerobico della frazione organica, anidride carbonica per uso industriale, frazione organica stabilizzata inerte per ripristini ambientali e combustibile solido secondario da impiegare in cementifici e centrali elettriche".

Lo scarto del 5% da mandare in discarica

Quindi niente più "combustibile" per inceneritori al termine di questo processo, che però non potrà essere definito end of waste al 100% perchè ci sarà "uno scarto non superiore al 5% da mandare in discarica. Parliamo di non più di 11mila tonnellate all'anno". Una quantità straordinariamente più bassa rispetto a quanto avviene oggi, se si considera che nella sola discarica di Colleferro vengono smaltite circa 2000 tonnellate al giorno.

Un investimento da 54 milioni

Questo impianto si potrà realizzare con un "investimento da 54 milioni di euro da ammortizzare in 10 anni e potrà marciare a 8.000 ore di lavoro l'anno con performance del 95% nei primi dieci anni, con ricavi totali da 35 milioni di euro all'anno e una tariffa da 130 euro per tonnellata in ingresso. In più si può realizzare in due anni dopo il rilascio dell'autorizzazione". Numeri che lo fanno preferire a un inceneritore che richiederebbe "un costo di 160 milioni di euro per le linee di combustione, un ammortamento degli investimenti in 30 anni, 4/5 anni per la costruzione, la stessa tariffa, emissioni e scorie più importanti del 5% dello smaltimento in discarica".

A gennaio 2020 il bando per la costruzione di questo impianto che dovrebbe essere pronto entro il 2022

Quando vedrà la luce il nuovo impianto? "Entro gennaio pubblicheremo il bando per selezionare la migliore fra le società di ingegneria che ci aiuterà a redigere il progetto definitivo- ha continuato Fortini- Entro maggio 2020 sarà depositato il progetto definitivo in Regione ed entro novembre 2020 auspichiamo di consentire alla Regione la pubblicazione del bando per la cessione di Lazio Ambiente, incorporante il valore del progetto realizzato". Insomma, per il 2022 questo 'compound' dovrebbe sorgere.

Una scelta che inizia a dividere

E potrebbe realizzarlo anche Ama, andando addirittura oltre la sua previsione di due nuovi tmb (con la chiusura di Rocca Cencia) inserita in uno dei quattro scenari del suo piano industriale. In questo caso, cioè se Ama acquistasse Lazio Ambiente con dentro il progetto autorizzato, probabilmente non si dovrebbe svolgere nemmeno la gara europea trattandosi di un'operazione tra due soggetti pubblici (Regione da una parte e il Campidoglio, proprietario di Ama al 100%, dall'altra): "Ama è il più grande player della regione nel circuito dei rifiuti, è un'azienda pubblica e con un know how e capacità economico-finanziarie rilevanti. Questa è un'occasione per Ama perchè l'impianto che abbiamo progettato è di nuova generazione, votato all'economia circolare. Oggi non ha più senso immaginare di utilizzare i tmb perché sono superati.

Quello che realizzeremo è un 'campione' di riferimento per clonare, magari perfezionandolo, nuovi stabilimenti. Certo, per Ama è una forte opportunità per dotarsi di una impiantistica moderna, efficiente e le consenta in tempi non lontani di nuovi apparati", ha spiegato Fortini all'agenzia Dire. Quanto al superamento della gara europea nel caso Ama decidesse di entrare in scena: "È una cosa da studiare ma certamente il fatto che una grande azienda totalmente pubblica entri in relazione con un'altra pubblica, si possono costruire i meccanismi che possono consentire una regolazione di rapporti in un quadro di trasparenza e convenienza reciproca". Roma produce circa un milione di tonnellate all'anno di rifiuti indifferenziati, quindi ci sarà necessità di altri impianti di questo tipo.

Non a caso in prima fila, ad ascoltare l'illustrazione del progetto, c'era l'avvocato Manlio Cerroni, che ha già detto di volere trasformare il suo gassificatore a Malagrotta in un impianto di produzione di metanolo. Una soluzione non troppo lontana da quella immaginata da Lazio Ambiente. In più la sua società E.Giovi (anche se in questo momento gli è stata sequestrata ed è in amministrazione giudiziaria) dispone già di due tmb, cioè del punto di partenza di questo nuovo processo che comunque si può effettuare anche lavorando direttamente i rifiuti indifferenziati raccolti.

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