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Cronaca

Roma, Grandi spettacoli per la prosa a Roma nel mese di novembre

Consueta rassegna degli spettacoli teatrali di prosa a Roma, nel pieno della stagione e con delle ottime proposte per tutte le tipologie di spettatori, dai più giovani ai più anziani, con due “perle” da non perdere all’Argentina e all’Eliseo, Il...

Consueta rassegna degli spettacoli teatrali di prosa a Roma, nel pieno della stagione e con delle ottime proposte per tutte le tipologie di spettatori, dai più giovani ai più anziani, con due “perle” da non perdere all’Argentina e all’Eliseo, Il prezzo di Arthur Miller e Ivanov di Cechov. Teatro Argentina: Il prezzo, di Arthur Miller, con la ottima regia di Massimo Popolizio, la traduzione di Masolino d’Amico, e con la superba interpretazione di Umberto Orsini, Massimo Popolizio, Alvia Reale, ed Elia Schilton, con le scene di Maurizio Balò. Il testo di Arthur Miller fotografa con spietata lucidità e amara compassione le conseguenze della devastante crisi economica avvenuta negli Stati Uniti nel ‘29. Figli di un padre che ha subito drammaticamente questa crisi due fratelli si incontrano dopo alcuni anni dalla sua morte per sgomberare un appartamento in cui sono accumulati i mobili e gli oggetti raccolti dal padre nel corso della sua vita e che sta per essere demolito. Un vecchio broker è chiamato per stabilirne il prezzo. Dietro questo semplice spunto emergono tutte le incomprensioni e le menzogne che la paura della perdita improvvisa del benessere possono esercitare su chi si dibatte nella crisi. Miller tratta questo tema con la sua consueta maestria facendoci scoprire un capolavoro che pur venendo da lontano ci porta ai nostri giorni così pieni di incertezze . Uno spettacolo eccezionale, ottimamente diretto ed interpretato, secondo me, da non perdere. Teatro Eliseo, Ivanov : un grandissimo successo al Teatro Eliseo per il Cechov grottesco di Ivanov, messo in scena, diretto ed interpretato dal bravissimo Filippo Dini e dalla affiatata e ben amalgamata compagnia Teatro Due e Stabile di Genova. “In Čechov il tragico appare sempre un po’ assurdo”, ha affermato Peter Brook, ed è in questa dimensione tragica e allo stesso tempo assurda, grottesca, che il regista e attore Filippo Dini ha immerso il suo Ivanov, una messa in scena con nove attori (lo stesso Filippo Dini e Sara Bertelà, Nicola Pannelli, Gianluca Gobbi, Orietta Notari, Valeria Angelozzi, Ivan Zerbinati, Ilaria Falini, Fulvio Pepe) che donano vivida coralità all'affresco di un’umanità alla fine, una società sull’orlo del baratro che avverte l’arrivo dell’apocalisse che di lì a poco spazzerà via la realtà conosciuta. Il testo ha la traduzione di Danilo Macrì, le funzionali scene e gli ottimi costumi sono ideati da Laura Benzi, le luci disegnate da Pasquale Mari e le musiche scritte da Arturo Annecchino. Prima delle sue grandi opere teatrali, scritta nel 1887 a 27 anni, in Ivanov Čechov racconta gli ultimi anni di vita di un uomo che fa i conti con la propria inadeguatezza verso il mondo e con l’irrimediabile perdita di ogni speranza nei confronti della vita. La sua lotta contro le forze esistenziali opposte che lo stritolano e lo ostacolano quotidianamente nei rapporti con i suoi amici, con i suoi nemici, con sua moglie, si dispiega in scena attraverso un’emotività e una brutalità dirompenti. Uomo superfluo, così si autodefinisce Ivanov, qualcuno che non riesce ad applicare le proprie energie alla vita e soccombe al proprio destino. Non ama più la moglie, Anna Petrovna, che per sposarlo ha abbandonato la propria famiglia e la religione ebraica, e assiste impotente alla sua morte per tisi, così come assiste senza agire alla decadenza irrimediabile della sua tenuta. Saša, giovane figlia di facoltosi vicini, lo ama da sempre e dopo la morte di Anna tutto è pronto per le nuove nozze. Ma per Ivanov non ci sarà scampo, vittima di sé stesso e del proprio destino. Attraverso la figura dell’uomo inutile, personaggio ricorrente nella grande letteratura russa, che non riesce a spingere il proprio cuore oltre la paralisi del mondo e la propria volontà oltre l’immobilismo, Ivanov racconta la crisi e il declino di un’intera società e di un’intera epoca, che pare impazzita a causa del “virus” incarnato dallo stesso Ivanov. Un male che può portare alla perdita di ogni capacità vitale, alla morte della passione, dell’entusiasmo; a causa di questo virus le nostre migliori qualità possono deperire fino a farci ammalare. Può spegnere la nostra capacità di sognare una vita più felice e più serena, la nostra voglia di ascoltare le persone che abbiamo intorno e che amiamo, il desiderio di comprendere i limiti dei nostri simili, l’ardore di amare senza condizioni e misura”. Ecco perché la sua morte, autoinflitta, sarà attesa per tutta la durata della pièce, perché questa morte serve per cominciare nuove imprese. L’Ivanov di Filippo Dini sfata la convinzione che la prima delle grandi opere teatrali di Čechov sia un testo noioso e polveroso. La regia del giovane e già pluripremiato Filippo Dini, anche in scena nel ruolo di Ivanov, e un formidabile ensemble di attori, danno vita a personaggi portatori di un infuocato desiderio di resistere allo spleen che li attanaglia, creando una messinscena di coinvolgente passionalità e trascinante ironia. Al Teatro Quirino, Il giardino dei ciliegi: dal recente trionfo al Teatro Aleksandrinskij di San Pietroburgo salutato da sette minuti di applausi giunge a Roma Il Giardino dei ciliegi di Cechov con la regia di Luca De Fusco in scena fino al 15 novembre al Teatro Quirino. Dopo il felice debutto al Napoli Teatro Festival 2014 e i successi riscossi in numerosi teatri italiani, al Teatro Quirino Il Giardino dei ciliegi di Cechov con la regia di Luca De Fusco. Nella bella traduzione di Gianni Garrera, la pièce è interpretata da Gaia Aprea, nel ruolo della protagonista Ljiuba, Paolo Cresta (Jaša), Claudio Di Palma (Lopachin), Serena Marziale (Dunjaša), Alessandra Pacifico Griffini (Anja), Giacinto Palmarini (Trofimov), Alfonso Postiglione (Pišcik), Federica Sandrini (Varja), Gabriele Saurio (Epichodov), Sabrina Scuccimarra (Šarlotta), Paolo Serra (Gaev), Enzo Turrin (Firs). Le scene sono di Maurizio Balò; i costumi di Maurizio Millenotti; le luci di Gigi Saccomandi; le coreografie di Noa Wertheim; le musiche originali di Ran Bagno. Lo spettacolo è una produzione del Teatro Stabile di Napoli. Protagonista della vicenda è l’aristocratica Ljiuba, di ritorno in Russia dopo una lunga residenza a Parigi. Appresa la gravissima situazione debitoria e lo stato in cui versa il patrimonio di famiglia, la donna è costretta a mettere all’asta la proprietà con il suo bellissimo giardino. Ad acquistarla sarà il ricco commerciante Lopachin, figlio di un vecchio servo della nobile casata. Luca De Fusco affronta il testo con un approccio mediterraneo al grande repertorio russo: «Ho sempre pensato – dichiara il regista – che Il giardino dei ciliegi fosse una storia "nostra": questi nobili decaduti che vivono nell'inerzia, incapaci di reagire ai problemi posti dalla vita, questi dandy che si "sono mangiati il patrimonio in caramelle" o sono "morti di champagne", somigliano a tanti racconti sull’aristocrazia napoletana incapace di entrare nella modernità». «Andrej Konchalovskij – prosegue De Fusco – convenendo con la mia tesi, mi diceva un anno fa come, sia la civiltà russa che quella del nostro meridione hanno saltato la modernità, diventando direttamente post-moderne. Una delle cause della perenne crisi del nostro Sud fa capo proprio all’incapacità che abbiamo avuto di entrare nel Novecento, di vivere la rivoluzione industriale, di diventare moderni. Sono infatti convinto che ci sia qualcosa in comune tra la leggerezza cechoviana e quella del grande scrittore Raffaele La Capria, entrambe dedicate al racconto della decadenza di una classe egemone. I personaggi di Cechov sembrano essere feriti a morte da un’armonia perduta, per usare appunto, due celebri espressioni lacapriane. Teatro della Cometa, Mister Green : in scena al Teatro della Cometa dal 12 al 29 novembre lo spettacolo Mister Green, di Jeff Baron, nella traduzione di Michele Zaccaria. Protagonisti Massimo De Francovich e Maximilian Nisi. Con le scene e i costumi a cura di Theama Teatro e le musiche originali di Stefano De Meo; la regia è di Piergiorgio Piccoli. Mr. Green, un vecchio proprietario di lavanderia in pensione, camminando nel traffico dell’Upper West Side di New York, viene investito da un’automobile. Il conducente della vettura è Ross Gardiner, un giovane uomo impiegato in una multinazionale, il quale viene accusato di guida pericolosa e condannato dalla giustizia ad assistere Mr. Green una volta alla settimana per sei mesi. L’anziano signore abita in un appartamentino al quarto piano senza ascensore e ha bisogno di aiuto per le spese e il resto. Ha sempre mantenuto le tradizioni religiose della sua famiglia, ma si è trovato tristemente solo alla morte della moglie. La commedia, scandita in scene con ritmo cinematografico, segue dall’inizio queste visite settimanali. All’iniziale diffidenza e conflittualità reciproca, il rapporto fra i personaggi si sviluppa e i due imparano a conoscersi, diventano indispensabili l’uno all’altro, in un continuo gioco in bilico fra confessioni e reticenze. Il dialogo, spesso marcatamente umoristico, mette in luce ferite lasciate aperte per anni nel destino dei protagonisti. Il testo, andato in scena sui palcoscenici di tutto il mondo, si presta alla riflessione e all’analisi psicologica e vive del dialogo, insieme comico e commovente, fra due generazioni lontanissime. Mister Green ci parla di fedeltà, di sentimenti e di famiglia. E’ una delle commedie più rappresentate al mondo negli ultimi vent’anni. È stata messa in scena in quasi 500 versioni teatrali in 45 paesi e in 24 lingue. I molti premi che ha ricevuto comprendono i riconoscimenti come “migliore commedia” in Germania, Israele, Messico, Grecia, Uruguay e Turchia, oltre al premio “Kulturpreis Europe”. Mar del Plata al Piccolo Eliseo: Il dramma del bravo Claudio Fava, intitolato “Mar del Plata“ racconta una storia vera, quella della squadra di rugby La Plata, un gruppo di ragazzi che alla fine degli anni ’70, nell’Argentina della dittatura dei colonnelli, venne decimato dalla ferocia dei militari di Videla. Tutto ha inizio con il brutale assassinio di uno di loro, un giovane di diciassette anni sospettato di far parte dell’Unione degli Studenti. I compagni di squadra decidono di dedicargli un minuto di silenzio prima della partita successiva ma, nonostante l’arbitro fischi l’inizio dell’incontro, i ragazzi rimangono ancora immobili, fieri e uniti per altri nove minuti. Quei dieci minuti di silenzio cambieranno per sempre le loro vite. Raul Barandiaran, l’unico sopravvissuto a quella tragedia, ancora oggi è il testimone vivente della squadra che decise di correre contro la violenza e l’oppressione, tenendo stretta al petto la palla ovale, a perenne testimonianza di questo nobile sport nel quale“una volta sceso in campo non puoi fuggire o nasconderti, devi batterti con coraggio, lealtà e altruismo”. Mar del Plata, di Claudio Fava, con Claudio Casadio, Giovanni Anzaldo, Fabio Bussotti, Andrea Paolotti, e Tito Vittori, con la regia di Giuseppe Marini. Al Teatro dei Servi, Il Toy boy di mia madre: una piece molto brillante scritta da Marco Mazza, con Andrea Carpiceci, Manuel Ferrarini, Laura Monaco, ed Eleonora Pariante, anche regista. Scontri e incontri generazionali, rapporti familiari un po’ sui generis, aspirazioni, talenti e fallimenti senza età, diversi punti di vista tra chi cerca di crescere e chi non vuole invecchiare, finzione e realtà, ingenuità e toni piccanti, una convivenza senza coinvolgimenti di cuore e di sesso dove te li aspetti e un nuovo giovane amore dove non te lo aspetti. C’è un po’ di tutto in “Il toyboy di mia madre”, scoppiettante spettacolo dalle dinamiche attualissime, in scena al Teatro de’ Servi fino al 22 novembre. Una commedia ironica, divertente e piena di colpi scena, che affronta le difficoltà che la vita non risparmia a nessuno, a nessuna età. Chi, ancora giovane, cerca di farsi maturo senza tradire sogni e aspirazioni e chi, già piuttosto maturo, tenta di tirare il freno e non invecchiare. Generazioni diverse che si incontrano e si scontrano in un match a colpi di risate, frecciatine, scherzi, improvvisate e accenni piccanti e animaleschi. Una gara alla sopravvivenza che impone di mettersi in gioco, ognuno a suo modo, in uno scambio di ruoli e un incrocio tra finzione e realtà. Luca, non-più-giovanissimo emiliano aspirante attore, trasferitosi a Roma in cerca di successo. Elena, pittrice squattrinata e cantante mancata, padrona di casa. Due semplici conviventi, non due fidanzati. Due persone, uomo e donna non innamorati, che dividono lo stesso appartamento. Ma ecco arrivare un altro miracolo: la madre di lei, Giusina, divorziata da secoli, all’improvviso decide di sposarsi. Ma lo sposo chi è? Mentre lo scopriamo, emergono le strategie che ognuno mette in campo per sopravvivere il più piacevolmente possibile, cercando abilmente di incrementare la speranza di vita, con tanto ottimismo, un po’ di pepe e un finale sorprendente.

Franco Vivona

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