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Marino, la pala d’altare della ss. Trinita’ di Guido Reni torna a casa e’ stata tra le opere piu’ preziose e ammirate della mostra “Barocco A Roma”

E’ stato riposizionato nel pomeriggio di oggi, martedì 4 agosto, nella chiesa dellla SS. Trinità la preziosissima pala d’altare attribuita a Guido Reni e raffigurante la Santissima Trinità.

E’ stato riposizionato nel pomeriggio di oggi, martedì 4 agosto, nella chiesa dellla SS. Trinità la preziosissima pala d’altare attribuita a Guido Reni e raffigurante la Santissima Trinità.

L’opera, di proprietà del Comune di Marino, è stata tra le principali attrazioni della mostra Barocco a Roma, tenutasi a Palazzo Cipolla, in via del Corso durante la primavera di quest’anno a cura della Fondazione Roma.

Presenti alla riconsegna e al riposizionamento del quadro: il parroco don Don Clarence James Coonghe Fatima, l’assessore alla Cultura della Città di Marino, Arianna Esposito, l’architetto Suor Paola Dell’Oro, responsabile del Servizio per l’Edilizia di Culto della Diocesi di Albano e alcuni rappresentanti dell’Archeoclub dei Castelli Romani, presieduto dallo studioso marinese Ugo Onorati, autore di numerose ricerche specificamente sull’attribuzione al Reni del dipinto trinitario.

A conferire maggiori certezze sulla paternità dell’opera, la pubblicazione pregna di riferimenti e documenti dell’architetto e storico dell’arte, Francesco Petrucci, riportata integralmente anche nel catalogo ufficiale della mostra romana.

LO STUDIO DI FRANCESCO PETRUCCI - “Il riferimento a Guido reni della pala dell'altare maggiore della chiesa della Santissima Trinità di Marino riportato per la prima volta nel 1703 da G.B. Piazza riferendo che Giovanni Pietro Bellori la riteneva il miglior lavoro dell'artista, sulla traccia probabilmente della memoria di un parere orale del grande erudito e critico d'arte” scrive Petrucci.

“L'attribuzione, registrata nella didascalia di un'incisione di Jakob Frey del 1734 (Füssli 1770, III, p. 56 n.41) , È stata confermata dalla bibliografia successiva fino agli anni 70 del secolo scorso”.

“L'opera effettivamente ha sempre ottenuto favorevoli consensi, tanto che il pittore scrittore francese Charles Nicolas Cochin, in una visita a Marino durante il suo viaggio in Italia del 1749-1751, ne rimase entusiasta.

C. Knight, transitata sui colli Albani tra il 1775 e il 1780, sottolineo che la Chiesa meritava attenzione soprattutto "per il bel quadro di Guido Reni sopra l'altare maggiore disegnato nel miglior modo possibile", aggiungendo che "la composizione E l'effetto sono certamente eccellenti". Secondo G. Moroni e A. Nibby, il Reni avrebbe dipinto la palla in cambio di pochi barile di vino, mentre invece G. Torquati la considerò un dono al sacerdote Pietro Gini - presso il quale il pittore sarebbe stato ospitato a Marino -, responsabile nel 1603 della costruzione della primitiva chiesa ove fu collocata. Lo stesso Ginny cedette nel 1614 la chiesetta ai chierici regolari minori detti "Caracciolini" i quali la ricostruirono dalle fondamenta consacrando la nel 1635.

La palla è entrata nella moderna letteratura critica con J. Hess che riporta un'attribuzione in una nota alla biografia del reni inserita nell'edizione delle "Vite de' Pittori Scultori et Architetti" di Giovanni Battista Passeri, da lui curata nel 1932.

  1. Baccheschi, nel catalogo della produzione del maestro bolognese, la definisce opera interest la definisce "opera interessante sulla quale la critica non si è ancora pronunciata", mentre the. Pepper nella sua monografia del 1984 la considera ambiguamente un'avaria variante di studio, "forse di origine romana" della trinità nella chiesa della Santissima Trinità dei Pellegrini di Roma.

    Il dipinto fu esposto alla mostra "l'arte e per i papi per i principi nella campagna romana", tenuto a palazzo Venezia nel 1990, nel cui catalogo venne studiata approfonditamente da costa Magna. Sulla base di generiche considerazioni qualitative e dando eccessivo credito è una lettera indirizzata da monsignor Geronimo Binago al cardinale Girolamo Colonna il 10 marzo 1642, in cui si riferisce dell'invio da Bologna di un "quadro della Trinità" di non specificato autore che la studiosa ritenuto di identificare con la tela marinese-, la palla è stata declassata a opera di "Scuola ovvero area culturale" pubblicandola con l'attribuzione a Francesco Gessi (Bologna 1588-1649), allievo del Reni.

In realtà, in occasione dell'esposizione fu possibile constatare, per la prima volta anche da una visione ravvicinata, la superba qualità del dipinto, che presenta indubbiamente i caratteri della produzione giovanile del Reni, ancora intrisa di cartaccismo, con le tipiche tonalità perlacee, una resa materica smaltata e una costruzione disegnativa impeccabile. Tali esiti estremamente alti sono incompatibili con il livello più modesto del Gessi, sia se si accetti l'incongrua datazione degli anni Quaranta proposta dalla Costamagna, quando l'allievo si era ormai distaccato dal magistero Legnano da oltre vent'anni, sia considerando una realizzazione del dipinto all'epoca della frequentazione della bottega del Reni (1610 1621 circa).

D. Benati, proprio per motivazioni di carattere stilistico l'inconsistenza dell'attribuzione di Gessi, e giustamente restituito la pala al grande maestro emiliano, proponendo una datazione di poco successiva alla Trinità di Osimo (1604 circa), anch'essa da lui ricondotta al Reni, e prossima agli affreschi della Sala delle Dame nel Palazzo del Quirinale (1607-1608).

Sottolineando la "resa cristallina della pennellata", lo studioso hai indicato per un confronto stilistico l'affresco della Pentecoste nella predetta sala, ove si evidenziano simili caratteri linguistici. La solenne impostazione della composizione, incentrata sull'asse è segnato dal Dio Padre con le braccia spalancate, ricorda anche l'incoronazione della vergine della National Gallery di Londra (1607) o la Gloria di Dio Padre della cappella dell'Annunziata al Quirinale (1610).

Possiamo aggiungere che l'attribuzione al reni registrata dalla presenza di una coppia, documentata nell'inventario di Filippo III Colonna del 1783, indicata come "un quadro di 6, e 10 per alto = la Santissima Trinità = Copia dell'originale di Guido Reni a Marino nella chiesa detta del Crocifisso dei Chierici Minori", già presente nell'inventario del 1714 come una "Pietà con il Padre Eterno copia di Guido".

Una coppia settecentesca della palla marinese è segnalata dalla Costamagna nel Collegio Inglese a Roma mentre una copia di Giuseppe Passeri e conservate nella collezione Patrizi a dimostrazione del diffuso apprezzamento per l'invenzione reniana nonostante la sua collocazione periferica”. L’ASSESSORE ALLA CULTURA, ESPOSITO: “DA OGGI TUTTI PIU’ CONSAPEVOLI E AMMIRATI” – Particolarmente emozionate le parole dell’assessore alla Cultura, Arianna Esposito che, in rappresentanza del vicesindaco Fabrizio De Santis, ha accolto quello che lei stessa ha definito “un ritorno a casa”. “Quest’opera così preziosa e fino a oggi nascosta alle conoscenze della stragrande maggioranza dei cittadini di Marino – ha detto – va ora più che mai valorizzata, conosciuta e studiata da tutta la cittadinanza, dagli alunni delle scuole del territorio, ma anche messa all’attenzione, come un vero simbolo della nostra città, per tutti i visitatori e gli appassionati d’arte che vorranno ammirarla e studiarla”.

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