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Cronaca

Traffico di rifiuti e truffa, la Distrettuale Antimafia chiede il processo per 31 indagati

L'indagine 'Maschera', avviata dalla Procura di Cassino e successivamente coordinata dal pm Alberto Galanti, portata avanti dai Carabinieri Forestali vede coinvolti il presidente della Mad, gli ex vertici della SAF, imprenditori e laboratori analisi

Operazione 'Maschera', la procura Distrettuale Antimafia chiude le indagini e chiede il rinvio a giudizio per 31 persone che dovranno rispondere di 'traffico illecito di rifiuti', 'truffa aggravata', 'frode in pubbliche forniture' e 'violazioni alle prescrizioni AIA' (Autorizzazione Integrata Ambientale). L'udienza dinanzi al Gup di piazzale Clodio è stata fissata per il prossimo 30 giugno. Il pubblico ministero Alberto Galanti, che coordinato il lavoro dei Carabinieri Forestali di Frosinone, ha ritenuto che le società finite sotto inchiesta non avrebbero agito secondo legge. L'inchiesta in verità parte dalla Procura di Cassino ma poi per competenza territoriale (si tratta di un presunto traffico illecito) è passata alla Distrettuale capitolina. 

I codici a specchio

Due i filoni investigativi seguiti dagli uomini del Nipaaf, agli ordini del tenente colonnello Vitoantonio Masi: il primo filone ha visto al centro delle verifiche lo smaltimento di ingenti quantità di rifiuti pericolosi, declassificati a non pericolosi e come questo avvenisse all'interno della società Mad di Roccasecca (indagati il presidente e diversi collaboratori). Un metodo, secondo gli inquirenti, che avveniva attraverso l'utilizzo del codice Cer (Codice Europeo Rifiuti) a “specchio” sugli scarti che avrebbe dovuto indicare la non pericolosità dei rifiuti.

Le indagini dei Forestali unitamente alle analisi effettuate da Arpa e CTU, successivamente nominati anche dalla Procura di Roma, avrebbero accertato non solo una presunta superficialità nelle analisi eseguite (motivo per cui la Procura ritiene ci sia stata la complicità dei laboratori di analisi privati) ma anche la conseguente classificazione errata. Una probabile “declassificazione” degli scarti da pericolosi a non pericolosi avrebbe consentito alle società di smaltire all'interno della Mad di Roccasecca ingenti quantità di rifiuti. Questo a vantaggio delle ditte che ne avrebbero tratto un enorme profitto derivante dalla differenza dei costi di smaltimento. 

Costi da capogiro

Un altro filone investigativo ha visto invece la Distrettuale Antimafia e i Carabinieri Forestali concentrarsi sul recupero dei Rifiuti Solidi Urbani da parte della Saf Spa (in questo caso a finire sotto inchiesta sono stati i vari presidenti e funzionari che si sono succeduti nel tempo). Le indagini hanno fatto emergere un probabile scarso e/o inefficace trattamento dei rifiuti urbani sia indifferenziati che differenziati. Ciò avrebbe determinato una maggiore quantità di rifiuti conferiti alla Mad (con maggiori costi di smaltimento da parte della Saf) e di conseguenza gli odori nauseabondi derivanti dalla scarsa bio-stabilizzazione e anche una maggiore produzione di percolato.

Truffa milionaria ai Comuni

Motivi questi che avrebbero determinato anche l’attribuzione di codici errati Cer ai rifiuti gestiti. In riferimento alla produzione di compost, i consulenti della Procura di Roma ritengono che la SAF avrebbe recuperato una parte insignificante dei rifiuti organici provenienti dai comuni della provincia di Frosinone, che invece hanno versato un corrispettivo alla Società Ambiente Frosinone Spa affinché tali rifiuti venissero recuperati. Tale ipotesi spiegherebbe i reati di truffa aggravata e frode in pubbliche forniture a danno dei 91 comuni della provincia di Frosinone. Una presunta frode che avrebbe consentito agli indagati di trarre un profitto dal valore di oltre 26 milioni di euro.

Il collegio difensivo degli indagati è rappresentato dagli avvocati Sandro Salera, Paolo Marandola, Marco Pizzutelli, Maurizio Frasacco, Danilo Iafrate, Piero Frattarelli, Enrico Porretti, Gianluca Ubertini e Stefania Ielo.

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