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Cronaca

Usa, trionfa Donald Trump e adesso?

di Luigi Gentili Nella notte di martedì Donald Trump ha vinto le elezioni politiche americane, conquistando il Congresso. E' stata una vittoria anti-scientifica, visto che i sondaggi statistici indicavano la vittoria della Clinton. E' stata...

di Luigi Gentili

Nella notte di martedì Donald Trump ha vinto le elezioni politiche americane, conquistando il Congresso. E' stata una vittoria anti-scientifica, visto che i sondaggi statistici indicavano la vittoria della Clinton. E' stata anche una vittoria anti-mediatica, visto che la maggior parte dei giornali americani erano schierati con la candidata democratica. Forse è stata persino una vittoria anti-finanziaria, visto che il tonfo delle borse, paventato da molti analisti, non si è verificato. Un dato però è certo, l'America non è più la stessa. La vittoria di Trump rimette in discussione la geografia elettorale degli Usa e le disposizioni elettorali dei cittadini, sempre più in balia di futuro che non da più certezze.

Donald Trump ha vinto negli Stati in bilico, come la Florida o il North Carolina, strappando voti ai democratici anche nel Nord industriale del Paese, come nei casi dell'Ohio o della Pennsylvania. Il consenso per Trump ha incluso larghe fasce di elettorato: gli iper conservatori del Sud, le aree rurali del Midwest, i "colletti blu" e i tecnici specializzati del Nord. Hillary si è dovuta accontentare invece della California e di altri Stati della costa Ovest, di New York e di piccoli territori della costa Est. Da un punto di vista sociologico, si è trattata di una vera e propria rivolta operaia, della protesta dei lavoratori bianchi delusi, dei ceti popolari in difficoltà economica, oltre che dei repubblicani. Come per la Brexit, le fasce di popolazione tagliate fuori dai nuovi processi di de-industrializzazione sembrano decisive nel sostenere le svolte politiche anti-sistema. I "poveri ricchi", come li definisce oggi la sociologa Saskia Sassen, alzano la voce.

Le ripercussioni di questa vittoria inaspettata, sia sul versante della politica estera che su quello della politica interna, sono intuibili. Isolazionismo politico, da un lato, e rimessa in discussione dei sistemi di protezione sociale, dall'altro. Trump in campagna politica ha sostenuto, ad esempio, la linea negazionista verso la lotta per il surriscaldamento globale, intende diminuire l'impegno militare verso la Nato e vuole erigere un muro verso i confini con il Messico. Propone altresì di ridefinire la riforma sanitaria di Obama e intervenire su questioni importanti legate ai diritti civili, sopratutto attraverso la nomina dei giudici della Corte Suprema. La politica tycoon di Trump mostra però gli effetti più dirompenti sopratutto sul fronte dell'economia, con lo spostamento della politica industriale in senso conservatore.

Il protezionismo economico potrebbe essere una delle misure più problematiche. Gli Stati Uniti potrebbero decidere di imporre un dazio su alcune importazioni, andando contro alla tendenza ultra-liberista dell'establishment repubblicano tradizionale. C'è poi il problema del debito pubblico, salito dal 60 a quasi il 100 per cento del Pil durante la crisi. Trump propone un grande piano di investimenti pubblici che però, a differenza dei programmi del partito democratico, avverrebbero contemporaneamente ad un abbassamento delle imposte. Questa misura potrebbe legarsi ad un imminente aumento dei tassi di interesse. Il debito in queste condizioni si impennerebbe. C'è infine il pericolo di un cambiamento della legge che disciplina la Federal Reserve, la banca centrale americana. Se questa dovesse perdere la propria indipendenza dal mondo politico, i tassi di interesse potrebbero aumentare velocemente e il dollaro rafforzarsi. Questa conseguenza forse non sarebbe negativa per l'Europa e per l'Italia, ma se Trump veramente imponesse dei dazi sui prodotti tessili e agricoli che esportiamo negli Stati Uniti, le conseguenze economiche sarebbero enormi.

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