Evasione fiscale e riciclaggio, revocati i domiciliari per il notaio Federico Labate
La decisione presa dal Gip del tribunale di Frosinone. I legali del padre, gli avvocati Sandro Salera e Paolo Marandola hanno presentato il ricorso al Riesame per la revoca della misura restrittiva
Il gip del tribunale di Frosinone ha revocato la misura degli arresti domiciliari a carico del notaio Federico Labate, difeso dagli avvocati Massimo Mercurelli e Alberto Bonu, coinvolto, insieme al padre Roberto, nella maxi operazione antiriciclaggio 'Full cash back' messa a segno dalla Polizia di Stato e dalla Guardia di Finanza.
Il giudice ha confermato a carico del giovane il divieto di entrare in provincia di Frosinone. Resta invece agli arresti domiciliari il padre Roberto anch'esso notaio in pensione, difeso dagli avvocati Sandro Salera e Paolo Marandola. Per entrambi i professionisti, colpiti dalla misura restrittiva disposta dal GipIda Logoluso su richiesta del sostituto procuratore di Frosinone, Adolfo Coletta è stato presentato ricorso al tribunale del Riesame di Roma. Gli avvocati Salera e Marandola hanno chiesto la revoca di tutte le misure per infondatezza nel merito di ogni accusa e per mancanza di ogni elemento probatorio a sostegno della accusa.
Una vicenda giudiziaria quella che ha scosso il mondo econonomico finanziario della provincia di Frosinone che ha visto coinvolti personalggi di spicco. Pesantissime le accuse formulate a carico dell'amministratore delegato della Banca Popolare del Frusinate, Rinaldo Scaccia (difeso dall'avvocato Pierpaolo Dell'Anno), dei funzionari dell'istituto di credito di piazza De Matteis a Frosinone, Luca Lazzari e Lino Lunghi (nei confronti di entrambi una volta scaduti i termini degli arresti domiciliari tra due mesi, scatterà il divieto di dimora nel frusinate per Lazzari e nella città di Frosinone per Lunghi), dell'imprenditore alatrense, Angelo De Santis (difeso dall'avvocato Angelo Testa) e di Marino Bartoli, entrambi richiusi nel carcere di via Cerreto e come detto dei notai Roberto e Federico Labate, rispettivamente padre e figlio. Tutti sono accusati a vario titolo di associazione a delinquere, falso, truffa per erogazioni pubbliche; riciclaggio e auto riciclaggio fino ai reati tributari che riguardano le omesse dichiarazioni dei redditi, emissione di documenti e fatturazioni per operazioni inesistenti, indebite compensazioni d’imposte, esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria e infedeltà patrimoniale.
L'inchiesta messa a segno dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza e dagli investigatori della Squadra Mobile della Polizia di Stato di Frosinone nasce sì nel 2020 grazie a delle intercettazioni telefoniche inerenti l'altrettanto poderosa indagine 'Requiem' ma con dei segnali incontrovertibili che nel 2019 non sfuggono ai vertici alle Fiamme Gialle di piazza Risorgimento.
Un atteggiamento dissoluto e sfuggente, rispetto alle rigide norme previste alla normativa dell'antiriciclaggio che non è passato inosservato e che potrebbe aver dato la stura ad altre attività che potrebbero coinvolgere non solo la provincia di Frosinone da nord a sud ma anche le province limitrofe.