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La ricostruzione

Inchiesta riciclaggio, il Gip: "Gruppo economico-imprenditoriale di particolare pericolosità"

Nell'ordinanza a firma di Ida Logoluso spiega come si è arrivati all'arresto dell'amministratore delegato della Banca Popolare del Frusinate, di due funzionari dell'Istituto di Credito, di due notai, due imprenditori e un avvocato

La punta dell'iceberg: l'indagine sulla presunta attività di riciclaggio che ha visto coinvolti bancari, imprenditori e notai notissimi in provincia di Frosinone, potrebbe non essere conclusa. Le accuse formulate dal sostituto procuratore Adolfo Coletta e avallate dal Gip Logoluso, sono pesantissime e vanno dall'associazione a delinquere, falso, truffa per erogazioni pubbliche; riciclaggio e auto riciclaggio fino ai reati tributari che riguardano le omesse dichiarazioni dei redditi, emissione di documenti e fatturazioni per operazioni inesistenti, indebite compensazioni d’imposte, esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria e infedeltà patrimoniale.

L'inchiesta messa a segno dagli investigatori del Nucleo di Polizia Economico Finanziaria della Guardia di Finanza e dagli investigatori della Squadra Mobile della Polizia di Stato di Frosinone nasce sì nel 2020 grazie a delle intercettazioni telefoniche inerenti l'altrettanto poderosa indagine 'Requiem' ma con dei segnali incontrovertibili che nel 2019 non sfuggono ai vertici alle Fiamme Gialle di piazza Risorgimento.

Un atteggiamento dissoluto e sfuggente, rispetto alle rigide norme previste alla normativa dell'antiriciclaggio che non è passato inosservato e che potrebbe aver dato la stura ad altre attività che potrebbero coinvolgere non solo la provincia di Frosinone da nord a sud ma anche le province limitrofe.

E il 'the day after' dell'inchiesta 'Full cash back' non è dei migliori. Un vero e proprio terremoto economico-imprenditoriale quello provocato dall'arresto dell'imprenditore alatrense, Angelo De Santis (difeso dall'avvocato Angelo Testa) e di Marino Bartoli, entrambi richiusi nel carcere di via Cerreto e alla detenzione domiciliare di Rinaldo Scaccia (detto Aldo), direttore generale e amministratore delegato della Banca Popolare del Frusinate, difeso dall'avvocato Pierpaolo Dell'Anno, i funzionari dell'istituto di credito di piazza De Matteis a Frosinone, Luca Lazzari e Lino Lunghi (nei confronti di entrambi una volta scaduti i termini degli arresti domiciliari tra due mesi, scatterà il divieto di dimora nel frusinate per Lazzari e nella città di Frosinone per Lunghi), dei notai Roberto e Federico Labate, rispettivamente padre e figlio. L'anziano professionista di 77 anni, che venerdì 9 febbraio sarà interrogato, è difeso dagli avvocati Sandro Salera e Paolo Marandola, l'imprenditore edile Paolo Baldassarra, l’avvocato Gennaro Ciccatiello, iscritto al foro di Roma ma residente a Castelmassimo di Veroli. 

Non solo ristrutturazioni 'fantasma' certificate da false fatture, sotto le mentite spoglie dei 'super bonus' ma anche la gestione di aste giudiziarie che consentivano a buona parte dei 33 componenti della presunta associazione a delinquere, di acquistare beni di valore immenso a prezzi stracciati e in brevissimo tempo. Un modus operandi non sporadico e che potrebbe essere stato adottato in diverse zone della provincia. Un volume d'affari immenso e poco giustificabile che veniva 'camuffato' da società che gli inquirenti ritengono create 'ad hoc' e che venivano gestite da teste di legno.

Un'associazione piramidale che vedeva ai vertici, secondo il Gip Ida Logoluso, proprio Rinaldo Scaccia che avrebbe tenuto le file di tre diversi gruppi delinquenziali. Il giudice per le indagini preliminari così spiega questo passaggio: "Si delineavano tre associazioni per delinquere, fra loro interconnesse quanto all’attività di riciclaggio e, due di esse, aventi strutturale influenza nella gestione delle linee di credito della Bpf mediante il ruolo primario svolto per il raggiungimento degli obiettivi associativi dal direttore generale Scaccia e dai funzionari del Corporate Banking di quell’Istituto oltre che da due notai che redigevano la più parte degli atti d’interesse per gli associati".

Un aspetto reso ancor più incredibile da fatto che, sempre secondo il Gip, i gruppi operanti erano "di particolare pericolosità, tenuto conto del livello economico/imprenditoriale coinvolto, delle dimensioni delle frodi, della pervicace reiterazione di condotte elusive, della stipulazione di forme contrattuali fittizie, dell’adesione a schemi collaudati di condotta e della sottrazione di ingenti risorse all’erario, elementi tutti che denotano una spiccata attitudine criminale, caratterizzata dalla sistematicità del ricorso a comportamenti penalmente illeciti". 

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