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Rassegna teatrale di maggio a Roma: da Shakespeare a Chaplin

Rassegna teatrale romana con i teatri Arcobaleno, Arvalia, Documenti, Vascello e Vittoria  :  Teatro Vittoria , Il Monello : dal 7 al 17 maggio al Teatro Vittoria, nel cuore di Testaccio, in scena Il Monello, di Charlie Chaplin, una trasposizione...

Rassegna teatrale romana con i teatri Arcobaleno, Arvalia, Documenti, Vascello e Vittoria : Teatro Vittoria , Il Monello : dal 7 al 17 maggio al Teatro Vittoria, nel cuore di Testaccio, in scena Il Monello, di Charlie Chaplin, una trasposizione teatrale del capolavoro cinematografico di Charlie Chaplin. Vincitore della rassegna Salviamo i Talenti Premio Attilio Corsini 2014, lo spettacolo traduce nel linguaggio teatrale la divertente e commovente vicenda del più celebre trovatello della storia del cinema. Un poetico omaggio al personaggio più conosciuto della carriera Chapliniana. Presentato inizialmente come Piccolo vagabondo, lo spettacolo ha successivamente ricevuto l'autorizzazione degli aventi diritto all'uso del titolo originale. La trama è nota: un vagabondo si imbatte in un neonato abbandonato e, suo malgrado, decide di adottarlo. Il bimbo cresce con il padre adottivo, accompagnandolo nell’attività di vetraio ambulante (o, meglio, precedendolo con il compito di rompere a sassate le finestre, che poi per coincidenza un vetraio di passaggio sarà chiamato ad aggiustare). La madre del bambino, baciata da nuova fortuna e divorata dal senso di colpa per l’abbandono compiuto, incontra il bizzarro duo riconoscendo nel monello il proprio figlio perduto. A quel vagabondare senza sosta e alle inevitabili gag che ne conseguono, si intreccia il racconto dell’ardua impresa compiuta dallo stesso Chaplin per la realizzazione del film. Un racconto muto ma incredibilmente comunicativo, in cui movimento, mimo, musica e situazioni toccano il cuore del pubblico di ogni età. Sulla scia del grande film, una magia senza tempo per donare un sorriso e forse una lacrima.

Teatro Arcobaleno, Molto rumore per nulla : il capolavoro shakespeariano Molto rumore per nulla, interpretato dai giovani e bravissimi Mauro Mandolini, Barbara Logaglio, Laura Garofoli, Camillo Marcello Ciorciaro, Valerio Camelin, Susanna Lauletta, Roberto Di Marco, Virginia Arveda, Paolo Benvenuto Vezzoso, con l’adattamento e la regia della brava Ilaria Testoni. I bambini si incontrano sulla spiaggia di mondi senza fine. Fanno castelli di sabbia e giocano con vuote conchiglie. Con foglie secche intessono barchette e sorridendo le fanno galleggiare sull’immensa distesa del mare. I bambini giocano sulla riva dei mondi senza fine. All’interno della sezione Giovani Un futuro nel Teatro della Compagnia Mauri Sturno, la giovane regista Ilaria Testoni affronta William Shakespeare con un suo personale adattamento di “Molto Rumore per Nulla”, in scena dal 7 al 31 maggio al Teatro Arcobaleno. Lo stabile romano del classico, ospiterà uno dei grandi testi di William Shakespeare rivisto attraverso l’occhio inedito e femminile di una giovane regista, da tempo attiva sulle scena italiana, con all’attivo collaborazioni con Mario Scaccia, Gabriele Lavia, Walter Pagliaro e Glauco Mauri. Tra il romantico e il grottesco si dipana la storia di due coppie, raggirate e educate dall’abile uso della parola. Tutti i personaggi sono portati a vedere, sentire e soprattutto notare quello che normalmente non coglierebbero. C’è chi si diverte a giocare, chi si diverte a ingannare, e chi resta a guardare. L’unico elemento superiore è la realtà che prima o poi verrà colta. Eppure, finché si è piacevolmente sorpresi dalle parole, si crede a tutto. Forse l’uomo è così debole che basta un semplice rumore, un disturbo casuale, per piegare la sua integrità, le sue convinzioni profonde? Così lo spettacolo è una storia di palcoscenico, di una compagnia sgangherata che tenta di rappresentare un “Molto rumore per nulla”,non migliore di altri, e pieno di piccoli incidenti grotteschi, divertenti, che portano alla luce l’uomo nella sua naturale imperfezione. Il progetto Giovani Un futuro del Teatro è promosso dalla Compagnia Mauri Sturno per favorire l’accesso alla professione teatrale di giovani attrici e attori permettendo loro di lavorare a contatto con esperti professionisti del settore.

Teatro Vascello, Edipo by Marcido: il quarto appuntamento di Marcido con i temi della tragedia attica (ricordiamo Agamennone 1988, I Persiani 1992, Prometeo incatenato 1998) consiste, come è avvenuto per tutte le avventure spettacolari del grande mestiere della Scena, in un incontro/scontro con la seduzione tremenda e contraddittoria della scrittura dell'Edipo Re sofocleo. Un elemento importante è rappresentato dalla decisione di rappresentare questo corpo teatrale così tanto incrostato di suggestioni interpretative tra loro anche in palese discordanza, con la continuata, amorosa, fedele frequentazione dell' Edipo il Tiranno hölderliniano. Hölderlin, insieme naturalmente con la profonda maestria sofoclea, è il mentore della versione marcidoriana della tragedia in questione: non solo della traduzione che Hölderlin fece del capolavoro sofocleo, anche se assai discosta da questa, la attuale riscrittura dell'Edipo spiritualmente influenzata dall'esito del gigantesco lavoro di sonda che il poeta tedesco ha dedicato all'originale dettato greco. Per quest'Edipo, Daniela Dal Cin ha pensato ad uno scenario che, nonostante la deprecata ma in questo caso ineliminabile normalità prospettica della visione all'italiana, dia al pubblico l'impressione forte di non essere escluso: una sorta di Zigurrat attrezzato con passaggi segreti, botole, troni semoventi, che si rivela come una vera e propria installazione/cornice per una interpretazione anche pittorica della Peste tebana; il Palazzo di Edipo contiene, ma suscita pure, e in misura certa, la rappresentazione che i Marcido vanno a proporre della tragedia di Sofocle.

Teatro di Documenti: Dopo la pioggia: prosegue la interessante ed intensa stagione del Teatro di Documenti, con lo spettacolo intenso ed interessante intitolato Dopo la pioggia, scritto da Françoise Rousseau Benedetti, con la regia di Anna Ceravolo, allestimento scene e costumi di Carla Ceravolo, musiche di Rosa Bianca, con Chiara Condrò, Simone del Vecchio, Silvia Lee, Cristina Maccà, Annarita Pontone, e Marco Schiavi. Una strada, un parco, una piazza, un lungofiume, inediti scorci di città popolati da una bambina-angelo, uno spazzino filosofo, una rondine canora, e innamorati e sognatori. Ed ecco, in un’atmosfera di rarefatta poesia, che prorompe, sorprendente e prepotente, l’energia di chi occupa la città con la sua arte di strada. Mentre le liriche di Françoise Rousseau Benedetti scolpiscono un paesaggio urbano in cui la natura e la bellezza si fanno largo e, finalmente, prendono il sopravvento sul cemento. Uno spettacolo che sfugge a qualsiasi etichetta in cui poesia, hip-hop, canto lirico e street art si danno la mano. Uno spettacolo che emoziona e stupisce, che accarezza e graffia il cuore dello spettatore.

Al Teatro Arvalia due drammi sulla guerra : dalla guerra vista attraverso gli occhi del generale e del soldato, protagonisti della piéce di Pierre Louki, all’ultima notte di una lunga guerra raccontata dalla penna di Denis Cannan: sarà Lei, la ‘Guerra’, la protagonista assoluta dei due spettacoli presentati dalla Compagnia Enter diretta da Luca Milesi. Dal 7 maggio La guerra degli asparagi, di Pierre Louki, in scena fino al 10 maggio. Con la regia di Maria Concetta Liotta andranno in scena Gianluca Delle Fontane e Luca Milesi. Canto e consulenze musicali di Claudia Costantini. Scenografie e costumi di Marianeve Leveque. Disegno luci di Luca Imola. Con la collaborazione artistica de “Il Palco e la Nota”. Alquanto singolare l’immaginario del soldato protagonista della tagliente commedia sulla guerra di Pierre Louki, attore, paroliere e cantante francese. “Dov’è il nemico?” – si interroga il Generale senza guerra, protagonista anch’egli della piéce scritta nel 1990 - “Il nemico è ovunque non lo si veda, se non esistesse bisognerebbe inventarlo”. Eccolo il mondo dei due meravigliosi personaggi usciti dalla penna di Louki, meravigliosi perché protagonisti di una metafora applicabile a mille campi della vita. Uomini preparati ad affrontare un pericolo che non arriva mai lasciando malinconicamente vuote le loro esistenze, esseri umani alla perenne ricerca della quadratura dei conti all’interno di rapporti dominati dalla disciplina e dalla convenzione, in abito borghese come in abito militare. Un generale ed un soldato in preda ad una crisi di inconsolabile voyeurismo spiano il mondo che li circonda da dietro un binocolo, trovandolo terribilmente impreparato per il gioco che loro amano di più, la guerra. Il flusso dei vacanzieri del weekend ad esempio rende impossibili le grandi manovre dal venerdì alla domenica: i campi di battaglia sono occupati dagli amanti del picnic, dalla loro mondezza, dalla loro mollezza. Pierre Louki si lascia intelligentemente ispirare dal linguaggio di Ionesco e dall’architettura scenica di Beckett, senza mai dare l’impressione di creare il doppione di qualcosa di già visto. Nel dialogo surreale fra il vecchio generale ormai incapace di fare l’ Attenti ! e il giovane soldato innamorato del sedere di “Simona”, l’unica grazia che dal mondo dei civili arriva nel suo binocolo, non ce n’è per nessuno: per i pacifisti che non hanno compreso come la loro esistenza sia giustificata solo dalla guerra e per la bomba atomica, che ha tolto lavoro a troppa gente. “Caporale, grandi imprese ci attendono. Il nemico è alle porte. Il nostro scopo è impedirgli di entrare. Il problema più urgente è capire quante porte ci sono. Se sono più di due, dovremo farci in quattro. Ora, chi può farci in quattro meglio del nemico? Per avere una piccola probabilità di vincere, bisognerebbe innanzitutto farsi decimare. Ecco la mia strategia. Si ricordi il motto degli eroi antichi. A destra travolti. A sinistra annientati. Il centro si ritira. All’attacco! E’ chiaro? Più chiaro di così . Dal 14 al 17 maggio la Compagnia Enter sarà ancora in scena al Teatro Arvalia con “Gerani per la guerra” di Denis Cannan, traduzione di Ada Salvatore, regia di Luca Milesi, con Andrea Zanacchi, Maria Concetta Liotta, Alberto Albertino, Lorenzo Guerrieri, Marco Fioravante, Luca Morciano, Marica Malgarini, scenografie e costumi di Marianeve Leveque, disegno luci di Luca Imola. E' l'ultima notte di una lunga guerra: in teoria non sappiamo quale e non importa. Lo spazio è quello del territorio conteso, noto anche come "terra di nessuno", dove il ciclo della morte ha sostituito a lungo quello della vita, in una normalità che nessuno è stato in grado di inceppare; fino a quella giornata, a quella sera, in cui un odore iniziò a sprigionarsi nell'aria, come chiara percezione del ritorno del sole. Il luogo è quello di una cucina di una fattoria, in cui Smilia aspetta il ritorno del marito da una importante missione per conto delle forze della Resistenza. La guerra però ha il potere di cancellare le vite e di sconvolgere l'immaginario ed i sentimenti di chi la combatte e di chi la subisce, al punto da rendere possibili le relazioni pericolose fra la moglie onesta per antonomasia e l'ufficiale dell'esercito occupante ormai sfiancato dalla lotta e annoiato dalla seduzione per puro sesso delle donne capitate sul suo cammino. Denis Cannan, uno dei pilastri della drammaturgia inglese del XX secolo, ha scritto Gerani per la guerra nel 1951. Captain Carvallo, questo il titolo originale dell'opera tradotta per l'Italia da Ada Salvatore, contribuì certamente ad aprire la strada a quel filone letterario che ebbe per vocazione la riscoperta della personalità, dei desideri e delle pulsioni che mai avevano cessato di esistere e di battere in quell'umanità che era stata ricoperta dalla polvere e dal fuoco di trent'anni di guerra, durati dall'agosto del 1914 al settembre del 1945. Smilia Darde, suo marito Gaspare, il Capitano Carvallo e il soldato Gross, il Professor Vinke e il Barone capo dei partigiani, la giovane domestica Annina, a volte non sembrano neanche essere le creature umane condannate dal destino a nascere in quell'Età della Catastrofe; la delicatezza, la speranza, la furbissima ironia usate da Cannan come ingredienti del loro linguaggio, come colonne portanti di quella che è anche una commedia, riescono a rendere perfettamente l'immagine di una generazione di increduli sopravvissuti, in procinto di uscire dalla guerra con in mente un solo desiderio: ricominciare. FV

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