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Roma, Debito Pubblico: la palla al piede del nostro Stivale!

Dalla Corte dei Conti alla Commissione Europea, passando per l’ex Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli, si eleva unanime il coro delle preoccupazioni per l’enorme debito pubblico raggiunto dal nostro Paese, purtroppo in sempre...

Dalla Corte dei Conti alla Commissione Europea, passando per l’ex Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli, si eleva unanime il coro delle preoccupazioni per l’enorme debito pubblico raggiunto dal nostro Paese, purtroppo in sempre continua crescita!

Nel Rapporto 2016 sul coordinamento della Finanza Pubblica, presentato lo scorso 22 marzo presso il Senato della Repubblica, la Corte dei Conti analizza l’articolato quadro dei grandi aggregati di spesa, inevitabilmente composto di luci ed ombre, di progressi compiuti e di nodi da districare, nonché di settori su cui ancora non si è riusciti ad intervenire. Dal documento emerge anche la vischiosità registrata nella discesa del livello di indebitamento e nel contempo si sottolinea come “l’elevato debito pubblico resta, naturalmente, un elemento di grande fragilità”.

Il debito pubblico del nostro Paese, sottolinea ancora il massimo organo della Magistratura contabile, “non è certo nuovo a questo tipo di attenzione, essendo da molti anni uno tra i più alti dei paesi avanzati”. La Banca d’Italia, infatti, nel Bollettino Statistico mensile, ha comunicato che a gennaio 2016 il debito pubblico italiano è tornato a crescere, superando i 2.191 miliardi di euro, rispetto ai 2.170 miliardi di fine 2015. Ricordiamo che il massimo storico del debito è di oltre 2.219 miliardi di euro raggiunto a maggio 2015.

Tuttavia, prosegue la Corte dei Conti, “è evidente che nel momento attuale le condizioni si presentano particolarmente difficili. La crisi finanziaria e la lunga recessione hanno incrementato notevolmente il livello di debito e hanno allungato il tempo richiesto per il suo rientro, nella misura in cui sono peggiorate le prospettive di crescita economica e inflazione, configurando, in sintesi, una situazione in cui gli squilibri macroeconomici si rafforzano a vicenda. La combinazione di alto livello di debito pubblico, bassa crescita del prodotto e della produttività, bassa competitività, rendono più instabile il sentiero del rapporto debito/Pil e ne aumentano la vulnerabilità a shock negativi ponendo a rischio la sostenibilità delle nostre finanze pubbliche. Sostenibilità fiscale e debito pubblico sono strettamente collegati. Un trend crescente o un rapporto debito/Pil che permane su elevati livelli genera rischi di liquidità e quindi di sostenibilità”.

Anche per l’UE esso rappresenta il principale “sorvegliato speciale” delle nostre finanze: “L'elevato debito pubblico è una delle maggiori fonti di vulnerabilità dell'economia italiana, la quale, date le sue grandi dimensioni, è considerata di rilevanza sistemica per i mercati mondiali.” La Commissione Europea apre con questa affermazione la ricognizione del debito pubblico italiano nel Country Report 2015 dedicato al nostro Paese, esprimendo in modo efficacemente sintetico qual è la fonte principale della preoccupazione che permea i giudizi delle istituzioni europee sulla finanza pubblica italiana.

A questo coro istituzionale si deve aggiungere anche un’altra voce altrettanto ben “informata sui fatti”; quella dell’ex Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli che illustra i rischi dell’insostenibile pesantezza del debito nel nuovo libro << Il macigno - Perché il debito pubblico ci schiaccia e come si fa a liberarsene» edito da Feltrinelli, pp. 175, euro 15, in libreria dal prossimo 31 marzo 2016. In fatto di debito pubblico il nostro Paese non è battuto da nessuno o quasi. In termini di debito rispetto al prodotto interno lordo (la ricchezza creata) siamo, all’interno della UE, indietro soltanto alla Grecia. Primato non certo invidiabile. Abbiamo qualcosa come 2.170 miliardi di debito, salito a gennaio a 2.191 miliardi: se lo dividiamo per i circa 60 milioni di italiani o poco più, fa oltre 36 mila euro a testa. Un autentico «macigno» che pende sul nostro capo.

Non è facile vivere, investire e consumare sapendo di avere ognuno di noi 36 mila euro di debito aggiuntivo in testa. Ma è altrettanto sbagliato tentare di rimuovere la presenza del debito sperando che magicamente il tempo ne curi le ferite. I conti dello Stato sono come quelli di qualsiasi famiglia: spendere più di quanto si guadagna costringe ad indebitarsi e se il trend rimane inalterato si dovrà necessariamente contrarre un ulteriore debito per pagare gli interessi. Continuiamo purtroppo a rimanere impantanati nel circolo vizioso del “cane che si morde la coda” !

Giorgio De Rossi

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