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Domenica, 28 Aprile 2024
L'appello / Cassino

Sentenza Mollicone, offese agli avvocati difensori: "Aberrante delirio di fanatismo forcaiolo"

La riflessione di Pasquale Improta, presidente della Camera Penale di Cassino, che invita ad affidarsi alla Giustizia senza trascendere nella 'cogna mediatica'

Una breve riflessione dopo l'ondata di polemiche scaturite dalla sentenza di assoluzione emessa della Corte d'Assise del tribunale di Cassino e riguardante la decisione di assolvere i cinque imputati per l'omicidio di Serena Mollicone. Nei giorni successivi uno degli avvocati della famiglia Mottola, attraverso i social, ha denunciato di aver ricevuto minacce di morte. Il presidente della Camera Penale di Cassino, l'avvocato Pasquale Improta, sigmatizza quanto avvenuto e illustra il suo punto di vista.

"Mai come in questi tempi la giustizia, che deve essere, secondo Costituzione, amministrata “in nome del popolo” è, ahimè, amministrata direttamente dal popolo anzi dal “tribunale del popolo”. I processi si sono spostati dalle aule alle Tv, sui social e nelle piazze e si celebrano non sulla base delle prove ma su sospetti, su voci correnti nel pubblico, i rumoresI, come le definiva Cicerone. Non ci sono più giudici, pubblici ministeri, avvocati ma opinionisti, tuttologi e folle rancorose.
Soprattutto nei delitti più efferati, nei casi di cronaca più eclatanti che tanto colpiscono l’opinione pubblica, la presunzione di non colpevolezza è tassativamente abolita, cancellata e, repentinamente sostituita dalla schiumante foga forcaiola.

Ci si è velenosamente spinti ad estendere, per deprecabile ed agghiacciante osmosi, la rabbia, i sentimenti più riottosi e beceri nutriti per il “presunto colpevole” anche al suo avvocato difensore, considerato quasi per dogma, un complice del reo, individuo prezzolato per imbrogliare le carte e scovare cavilli al fine di far guadagnare al cliente la tanto sospirata impunità. Le conseguenze sono agghiaccianti: si finisce per compiere una irrazionale equazione che porta a sovrapporre al presunto autore del reato il difensore che, invece, svolge la sua funzione tecnica per dovere imposto dalla legge.

Sulla base di questo aberrante delirio di fanatismo forcaiolo, la difesa dell’imputato diviene quasi un fastidioso quanto insopportabile lacciuolo che impedisce “la vendetta” che deve inesorabilmente calare non sul colpevole ma su chi è considerato tale dalla folla! Invece, a guardar bene la storia umana, sin dagli albori di essa, si è avvertita la necessità della funzione difensiva e del diritto ad essere difesi. Abramo, nella Bibbia, è tra i primi avvocati della Storia: pregevole è la sua difesa in favore di Sodoma e Gomorra; il “patriarca avvocato” con la sua arringa riesce a strappare a Dio la promessa di risparmiare le città colpevoli se in esse vi si troveranno almeno dieci giusti: quegli uomini non verranno trovati ed esse saranno distrutte ma ebbero comunque assicurata una difesa.

Perfino ai demoniaci nazisti al processo di Norimberga fu assicurata la difesa ed il diritto di difendersi purtuttavia essi non sfuggirono alla loro pena.
La funzione difensiva dell’avvocato vigila sulla puntuale applicazione delle norme sostanziali e processuali; apporta un vaglio critico e sottopone al giudizio di verificazione l’impianto accusatorio che deve reggere, per essere accolto, l’urto dialettico avversario raggiungendo un grado di certezza sulla colpevolezza dell’imputato aldilà di ogni ragionevole dubbio.

Considerare l’avvocato difensore alla stregua di un “sodale” dell’imputato è il frutto avvelenato partorito da chi ha invertito la sede della ragione dal cervello alla “pancia”.
Proprio dinanzi ai delitti più gravi, efferati e sconvolgenti che destano più profondo allarme sociale, il rispetto delle garanzie processuali e delle norme esalta e valorizza la Giustizia che si esercita in condizioni di parità tra accusa e difesa dinanzi ad un Giudice imparziale e terzo. Nel perseverare a far strame di tali principi si finirà come nel processo di Pinocchio di Collodi dove il Giudice, monarca assoluto del processo ed innamorato del proprio potere così si pronunciava sul malcapitato burattino:” L’imputato è innocente: sia condannato!”"

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