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Martedì, 30 Aprile 2024
Cultura

Roma, Mary Blindflowers dalla GB, un autunno pieno di nuovi libri

Intervista a Mary Blindflowers, scrittrice e saggista italiana, alias M. A. Pinna, affermatasi a Roma dove ha vissuto a lungo fino a poco tempo fa, poi trasvolata in Inghilterra, Londra, dove comincia a emergere con la sua poetica attivissima e...

Intervista a Mary Blindflowers, scrittrice e saggista italiana, alias M. A. Pinna, affermatasi a Roma dove ha vissuto a lungo fino a poco tempo fa, poi trasvolata in Inghilterra, Londra, dove comincia a emergere con la sua poetica attivissima e speciale cosiddetta destrutturalista, tra surrealismo, situazionismo, sperimentalismo. Una intervista anche corrosiva sul nostro Bel Paese sempre più preda di certa casta culturale e letteraria...

D- Mary Blindlowers, trasvolata britannica da qualche tempo e stagione di particolare creatività, un aggiornamente per gli spesso lenti italioti, intellettuali o meno, i tuoi nuovi libri e prossimi futuri? (Mary Blindflowers) Una stagione creativa, favorita anche dal clima britannico tra caldo e freddo e dai paesaggi metafisici della campagna inglese, tant'è che ho iniziato pure a dipingere e alcuni miei lavori, olio su tela, saranno le copertine dei miei prossimi libri. Ho trovato in Nettarget editore, creatività e voglia di fare, per questo ho deciso di affidare la pubblicazione dei miei prossimi libri a Cosimo Dino-Guida, anche in virtù della sua passione per il teatro. D- Mary, un approfondimento su alcuni di questi testi, eclettici (tra Letteratua e Cucina!) anche mi pare e con poeti collaboratori? (Mary Blindflowers) A settembre in libreria I gelsi neri per la Nettarget editore, di Cosimo Dino-Guida. Si tratta della commedia dello scontro tra Smail e il Professor Ragguazzo. Il primo, "nessuno con la minuscola", ha l'irriverente follia da maschera di burattini, controcorrente, controdogmatico e anti-sistema. Il secondo "Signor Qualcuno con la maiuscola", è il profeta di ogni certezza accademica, del so tutto io, perfettamente inquadrato nel suo ruolo sociale e umano. E lo scontro si sostanzia con la metafora degli aristocratici gelsi neri e delle more plebee in una dinamica oppositiva che porterà Ragguazzo a estrinsecare la sua natura servile che teme la libertà: "non si può pensare di essere liberi senza farsi male! E' assolutamente utopistico e solipsistico e terribile, sì terribile perché senza dei, dittatori, cerchi, circoli e cerchietti, senza punto, due punti e punto e virgola, si è soli! Soli! Abbandonati all'essere nessuno, lasciati all'anonimato. Voglio esser dentro per poter fare centro, io sono Qualcuno con la Q maiuscola, non posso rinunciare. Che mai ci faccio della tua libertà? Senza fili dove vuoi che vada? Potrei essere sbattuto qua e là da ogni vento avverso, io non sono diverso, sono etichettato, omologato, schierato, politicizzato, addestrato...". Eppure Smail lo condurrà in un viaggio in cui il bianco sarà nero e tutto sembrerà mutato... Il dubbio si impadronirà delle coscienze e niente potrà essere più come prima... Poi è prevista l'uscita di due lunghi racconti: Il filo conduttore (antiromanzo) e Jumper Flik, sempre con Nettarget Editore, in un unico volume di cui ho curato la copertina. "Il filo conduttore" non è un romanzo nel senso tradizionale del termine. Più di qualche benpensante rimarrà scandalizzato dal minimalismo dialogico della scrittura e dirà che si trascendono le regole elementari della narrativa. Giudicherà il lavoro alla stregua di un copione cinematografico o teatrale, come se ogni forma espressiva non avesse una sua peculiare dignità. "Il filo" di cui si parla qui è spoglio di inutili orpelli, come una donna senza gioielli. Ad alcuni piace, ad altri no. L'anima dei personaggi nasce dal dialogo, che se ne infischia volutamente delle figure retoriche, del bello stile, delle allegorie e mascheramenti vari... La letteratura ha le sue leggi: i personaggi bisogna descriverli e collocarli per forza in un determinato ambiente sociale, culturale, fisico, dal quale non si può prescindere. Altrimenti si rischia di offrire personaggi "congelati" anziché tipici. C'è poi l'afflato poetico che rende più gradevole le parole... Bella lezione davvero. Le lezioni si dimenticano, la forza la lascio a chi può esercitarla. Qui, niente poesia, tranne quella presente nel cinismo del protagonista. Si, perché anche il cinismo di Tidelfo e della sua storia, ha una sua epifanica e lacerante poesia. Il luogo principale non esiste nella realtà, infatti è virtualmente regione dell'anima. Le regole, come tutte le cose del mondo, nascono, vivono la loro stagione e poi muoiono. Non esiste niente di stabile, di definitivo. I giudizi su un'opera d'arte o su un libro dipendono dall'occhio di chi guarda. I personaggi "freddi", non possono comunicare calore umano ed empatia perché non sono né passionali né simpatici, non sono buoni, né cattivi, sono semplicemente soli ed umani. Talmente essenziali ed altruisti che non si permetteranno mai di chiedere al lettore di immedesimarsi con loro, né a se stessi di stemperarsi in chi legge. Tidelfo, uno scrittore fallito, vive in un universo-guscio di delirante solitudine, non vuole, né può uscirne perché, tutto sommato, ci si trova abbastanza bene e si stima a sufficienza da non provare invidie. Si trova male nel mondo, è un perdente, questo si. Chi si identificherebbe mai con lui? Non è vestito di simboli, non appartiene ad una setta, è apolitico. Rappresenta unicamente se stesso, e schiaccia con le mani il proprio io nudo fino a farlo sanguinare, servendolo su un misero piatto di plastica. Gli ingredienti sono poveri. Il piatto forse non è ben riuscito. Però non si sa mai, a qualcuno potrebbe anche piacere. Il lettore che si aspetta di cadere per terra, sopraffatto dall'emozione, legga qualcos'altro. Lo scopo dell'anti-romanzo non è dare emozione, ma segnalarne piuttosto l'assenza, in un vuoto esistenziale e primitivo che potrebbe avere una dimensione cosmica oltre che individuale, data l'indeterminatezza del protagonista, il vuoto. La sensazione che si comunica non è di gradevole suggestione, come una passeggiata in campagna tra erbe e fiori, non è neppure sanguigna, è semmai spazio silenzioso dove ronza una mosca agonizzante, è l'uomo messo impietosamente e cinicamente di fronte a se stesso, nudo, senza difese o menzogne. Non sempre quest'idea di se, nella completa nudità, è sopportabile, tranquillizzante. L'allucinazione nasce dalla paura di vedersi sub luce. Tidelfo, in fondo, si ama, pur nel fallimento, e non cambierebbe una virgola della sua personalità, perché sa che non sempre chi vince ha ragione... In autunno anche un libro di polemocucina: Cucina di rabbia e poesia, Nettarget Editore. Cucina di rabbia e poesia è un libro, scritto a 6 mani, nato da un'idea che mi è balenata mentre cucinavo una torta salata ai carciofi e olive. Alterna oscurità e luce, metafora e leggerezza spumeggiante, simbolo e ironia, attraverso il cibo, oggetto di epicurea analisi, che induce a riflettere cucinando e mangiando. Cosa c'è dentro il ventre di un pesce pescato nel mare nostrum/monstrum? Aprire. E la parte della frittata che non si vede, come il lato nascosto della luna? Girare. Azioni rivolte alla comprensione, in modo tale che la cucina sia un ponte aperto sul mondo e non un antro chiuso ma un laboratorio di sperimentazione che superi l'ambito strettamente personale. Pagine dunque animate da un forte desiderio di scoperta, di eviscerazione, curiosità con scoppi di ilare semplicità e filosofia del ventre che comunica direttamente con la testa. Il dialogo che si crea dovrebbe essere produttivo, stimolante, insolito e talvolta anche polemico e rabbioso in anarchica defezione contro le storture di un sistema che vuole fagocitare le nostre anime. Gli ingredienti diventano simboli di qualcos'altro, trasformabili, manipolabili come sotto le mani di un prestigiatore. E lo stomaco diventa metafora di un'oscurità dei tempi che in parte, si può illuminare gustando e pensando ai meccanismi che l'orologio individuale, biologico, politico, meccanico, sociale italiota, cela. In poche parole ricette fattibili, sperimentate personalmente dagli autori con la passione di chi ama meditare e cucinare follemente. Anche in questo caso la copertina sarà un mio dipinto. Nel frattempo ho curato la prefazione del De Vita Nova di Dante. E quello della mia introduzione è un Dante eretico, seguace dei Fedeli d'Amore, un po' lontano dalle verità accademiche di stampo cattolico. Pubblicherò anche un altro libro di poesie, Utensili sparsi insieme a Fremmy. Ho già preparato la copertina. In programma anche la pubblicazione de Il corpo indocile, racconti e Ultrafanica, poesie, forse la mia raccolta che preferisco. D - Mary, l'Italia nonostante il futurismo, Gruppo 63, Gruppo 70, ecc., oggi anche avanguardie del/dal/web, alla fine sempre terra di Guicciardini e Monti e certo passatismo presentista, sempre dominante, tra ideologismo perdurante e eterno mito pseudoumanista peraltro, in base alla stessa teoria della conoscenza (e non certi tomi bignamenschi pseudoestetologi)? (Mary Blindflowers) L'Italia ama i sentimentalismi irriflessivi, le poesia che fa rima amore-cuore-dolore-languore, gli italioti pensano che scrivere un romanzo sia semplicemente scrivere banalità sui sentimenti. Un poeta che conosco, di recente, mi ha chiesto di fargli una prefazione al suo libro, che tra l'altro è anche ben concertato, trattandosi di un finto banale, che in realtà induce a riflettere. Gli ho fatto prefazione. Dopo che gliel'ho mandata mi ha comunicato che anche una certa famosa scrittrice sta scrivendo due righe per lui. Mi sono incuriosita. Ho pensato di leggere alcune sue cose. Tra i suoi aforismi migliori leggo: "ti porto nel mio cuore, mi porti nel tuo cuore, amiamoci dunque!". Poi passo alle poesie che in alcuni punti sembrano liste della spesa e comincio a pensare... E' vero che i giudizi sono molto soggettivi sull'arte e sulla poesia, ma di fronte all'evidenza di una frase così banale spacciata per profonda filosofia di vita, mi domando come possano certe pseudo-scrittrici pubblicare con i grossi gruppi editoriali e attraverso quali vie riescono a vendere queste sciocchezze. E poi mi rispondo da sola, tristemente, è l'Italia. Poco tempo fa mi sono permessa di esprimere una mia semplice opinione nel forum del Corriere della Sera su una rubrica riguardante leggere e scrivere, forum tra l'altro noiosissimo, perché tutti sono d'accordo ovviamente con tutti e una schiera di forumisti mi ha dato dell'imbecille e della maleducata, sì, perché l'italiota confonde piaggeria e buona educazione. Esprimere liberamente le proprie idee è ancora giudicato uno scandalo e una cafoneria improponibile. C'è stato pure chi mi ha dato consigli non richiesti di bon ton e sul tono che è corretto usare con un critico di una grande testata, sì, perché certi italioti adeguano il loro tono a seconda del potere e del ruolo ricoperto da chi gli sta davanti. Medioevo direi a 360 gradi, processo irreversibile, purtroppo, cancro che devasta le coscienze. C'è stato anche qualche buon samaritano che si è preoccupato, dopo il mio intervento nel forum, di comunicare a uno dei coautori del mio libro di cucina, la pericolosità di pubblicare un libro insieme a me: "non ti compromettere". Sono sinceramente divertita da tanta povertà mentale ma non posso non prendere atto del degrado in cui versa l'Italietta del privilegio.

a c. di R. Guerra

INFO

https://www.ibs.it/code/9788894116915/blindflowers-mary/gelsi-neri.html

https://controcomunebuonsenso.blogspot.it/p/nuove-uscite.html

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